I lettori e i collezionisti di fumetti a volte sanno essere maniacali, e non disdegnano mai un bel mistero o un retroscena, specialmente se riguarda uno degli autori e uno dei franchising più popolari della storia fumettistica degli ultimi decenni, vale a dire Jim Lee e gli X-Men.

Nessuno dei due ha bisogno di presentazioni, specialmente quando agiscono in combo: X-Men #1, pubblicato nel 1991 , co-sceneggiato da Lee e da Chris Claremont e disegnato dallo stesso Lee, è ancora in vetta alle classifiche dei fumetti più venduti di tutti i tempi.

Il caso in questione riguarda proprio quello storico periodo e prende il via dalla recente pubblicazione di Jim Lee’s X-Men Artist’s Edition sotto le insegne di IDW, una raccolta di scansioni ad alta qualità del lavoro di Lee sui Figli dell’Atomo comprensivo di copertine, pagine doppie, pin-up e illustrazioni interne.

Confrontando le versioni delle illustrazioni di Lee di quel volume con quelle del relativo albo in versione digitale pubblicato dalla Marvel, è emersa una rilevante discrepanza di qualità a discapito delle seconde, che mostrano linee molto più sfocate e povere di dettagli rispetto a quelle contenute nel volume commemorativo della IDW, come dimostrato dal post originale su Twitter del fan che ha segnalato il caso.

 

 

Nel giro di poco tempo è arrivato l’input di alcuni dei professionisti coinvolti nella produzione di quei numeri, l’inchiostratore Scott Williams:

 

Williams – All’epoca alcuni numeri originali degli X-Men ebbero una pessima stampa, specialmente nel caso delle pagine doppie.

 

Spiegazione successivamente confermata e descritta in maggior dettaglio dall’intervento dello stesso artista, oggi Publisher della DC Comics:

 

Lee – Se ricordo bene, ogni splash-page veniva ridotta tramite fotocopia a una pagina singola, a causa delle limitazioni delle nuove presse flessografiche (e per risparmiare denaro?), ed era quella copia che veniva poi usata come base per la stampa. Aveva un brutto effetto sui dettagli delle illustrazioni in generale. Le linee più sottili andavano perse.

 

La stampa flessografica consentiva stampe a basso prezzo su qualsiasi base cartacea, inclusi i tipi di carta più economica, ed entrò in auge a metà degli anni 80, suscitando spesso le lamentele dei fan per la bassa resa qualitativa. Il processo fu poi considerevolmente migliorato a metà degli anni 90, ma non prima che molti numeri oggi considerati dei classici andassero perduti.

Fortunatamente, opere come i volumi commemorativi di IDW consentono un parziale recupero di quello che andò perduto all’epoca.

 

 

 

Fonte: CBR