In particolare, la Amanat ha commentato la notizia che riguarda il suo debuttante direttore, vale a dire l’identità reale dietro la firma fittizia di Akira Yoshida, apparsa nei primi anni Duemila su svariati fumetti Marvel e non solo.
È stata una sua iniziativa: usare uno pseudonimo per essere trattato solo come uno sceneggiatore. C.B. conosce alla perfezione questo mondo ed è una delle persone che preferisco in assoluto. Credo che tutti quelli che lo conoscono sappiano quanto sia di mentalità aperta e della sua grande sensibilità culturale. Quell’uomo ha vissuto in Giappone e ne parla la lingua. Ha un legame molto forte con la cultura del posto. Credo che abbia desiderato a lungo essere soprattutto uno scrittore.
Penso che sia doveroso reagire quando siamo di fronte all’appropriazione culturale e al whitewashing. Sono convinta, fondamentalmente, che se c’è l’opportunità di creare maggior consapevolezza riguarda un certo tipo di personaggio, che sia asiatico, di colore o altro, dovrebbe essere il nostro principale obiettivo, raccontando la storia più onesta, divertente e vera possibile, riguardo quel determinato personaggio. Perché questa è la strategia per creare più consapevolezza.
Ovviamente, se siamo in cerca di autenticità culturale, è intelligente assumere autori che condividano la provenienza e i valori dei personaggi, ma l’obiettivo primario è che quei protagonisti vedano la luce.
Brian Michael Bendis è decisamente un bianco, ma ha una figlia afroamericana. E questo significa decisamente qualcosa per lui. Dobbiamo smetterla di pensare che non sia possibile una situazione del genere. Perché, se continuiamo così, siamo destinati a creare una profonda linea di demarcazione tra culture, creando fra loro antagonismo. Dobbiamo imparare a comunicare, a smettere di essere tutti così arrabbiati e agguerriti.
Fonte: Bleeding Cool
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