Dopo averlo già incontrato nel 2016, a Lucca Comics & Games, nel corso dell’edizione 2018 di Napoli Comicon siamo tornati a scambiare quattro chiacchiere con Brian Azzarello, che ci ha parlato del suo prossimo progetto targato DC Comics, Batman: Damned, della sua serie AfterShock American Monster e di altro ancora.

 

Ciao, Brian! Bentornato su BadComics.it!

È bello essere di nuovo qui!

Parliamo dell’annuncio più recente e importante che ti riguarda, “Batman: Damned”, graphic novel DC Comics che stai scrivendo per i disegni di Lee Bermejo, di prossima uscita negli Stati Uniti sotto l’etichetta Black Label. Cosa dobbiamo aspettarci?

Si tratta di un racconto relativamente breve, che sarà pubblicato in formato prestige. Cosa aspettarsi? Non saprei…

Dai, non fare così, so che non ti piacciono i super eroi, ce lo hai già detto… ma accidenti, è Batman!

Ma a me Batman mica piace davvero. Ed è bello scriverlo proprio per questo motivo. Hai letto “Joker”?

Sì, e anche “Luthor”…

Ecco, sarà una roba del genere.

Nel senso che Batman non sarà il protagonista assoluto, ma solo una “presenza”?

Giusto. Ma anche no. Certo, ci saranno anche altri personaggi dell’Universo DC, come John Constantine e Deadman, quelli appartenenti alla parte sovrannaturale di questa realtà.

Per cui ci sarà qualcosa di magico e sovrannaturale che il Cavaliere Oscuro dovrà affrontare?

Ci sarà un culto, una setta. La magia è roba che lascio ai bambini.

Va bene, provo a prenderla alla larga… nella storia ci sono elementi apparentemente sovrannaturali, ma per illustrarla hai scelto un maestro del realismo quale è Lee Bermejo. Perché?

È qualcosa di cui parlavamo da tempo, e volevamo farlo assieme. E poi non c’è davvero la magia… nessuno sparerà della me**a luminosa dalle mani!

D’accordo, cedo. Nella storia affronteremo il tema della magia nera, con una setta coinvolta. Batman sarà catturato nel mezzo di un mistero, del quale forse John Constantine conosce le risposte, ma non è detto che vorrà rivelarle facilmente. Quindi… quello che stiamo facendo è fondamentalmente prendere Batman e metterlo in una situazione che sarà egualmente disorientante sia per lui che per il lettore.

Sai, Batman è sempre quello con una risposta, il più figo di tutti. Ma ora avrà a che fare con l’ignoto, e non gli piacerà quello che troverà.

Accidenti se mi hai fatto sudare. Non indago oltre perché ho capito che non puoi – o non vuoi – dire di più, per cui torniamo su qualcosa di più generico. Cosa pensi tu, che non sei certo il fan numero uno dei super eroi, di questa nuova iniziativa della DC, che ha lanciato l’etichetta Black Label? Che c’è di nuovo?

Ciò che c’è di nuovo è che la DC sta finalmente capendo che i suoi lettori stanno invecchiando. E che hanno bisogno di qualcosa in grado di appagarli. In più, questa iniziativa è anche un ottimo modo per incentivare il mercato delle fumetterie e delle librerie di varia. È tutto molto più adulto. E non ci sarei entrato se non ci credessi.

Spostiamo il discorso su “American Monster”, il cui primo volume in italiano edito da saldaPress ho letto di recente. Come ti è venuta in mente una storia così allucinata? Chi è il “mostro americano”?

È proprio facendomi questa domanda che mi è venuta in mente la storia. Praticamente, ogni personaggio di questo racconto potrebbe essere il mostro.

Vivi a Chicago, eppure hai scelto di raccontare una storia che si svolge nell’America più rurale, quasi primitiva. La suburbia statunitense si sta rivelando sempre di più la location ideale per narrare le vicende più sporche e orrorifiche dell’America di oggi, come dimostra ad esempio “Southern Bastards”, di Aaron e Latour. Io che vivo in Italia e che questo mondo non lo conosco davvero, ti chiedo: è davvero così spaventosa questa realtà?

Dici bene, “American Monster” è un racconto rurale, quasi primitivo. Sai, dopo essermi mosso in ambienti urbani per cento numeri [si riferisce alla serie “100 Bullets” – NdR], avevo bisogno di prendere aria.

Non so se questa realtà è davvero così brutta come ci piace raccontarla. Oddio, quello che scrive Jason è davvero cronaca in certi Stati del sud degli Stati Uniti, ma la mia roba è un po’ più romanzata.

È questa l’America di Trump?

Oh, sì. Quella raccontata in “American Monster” è sicuramente l’America di Trump.

Fa paura…

Eh. Ci troviamo in un momento difficile, tutti noi. E sembra non avere mai fine. Questa gente non muore mai, non perde mai. Basti pensare a cosa accadeva nel mondo quarant’anni fa, e prendere come testimone un fumetto come “Watchmen” per provare a fare un parallelismo.

Ecco, nel 2016 a Lucca Comics, poco prima che Trump vincesse, dicesti che se fosse stato lui il prossimo Presidente degli Stati Uniti saresti scappato in Messico…

Facile dirlo prima che vincesse! Dai, posso dirti che in questo periodo sono stato davvero in Messico, ma è anche vero che vivo ancora a Chicago. Sai che però cerco di starci più lontano possibile? Manco da casa da circa un mese, sto viaggiando per l’Europa.

La fortuna è che comunque la realtà della mia città non è cambiata molto rispetto a un anno e mezzo fa. Perché si tratta di una grande città, una metropoli. Le aree urbane, a livello sociologico e anche psicologico sono sostanzialmente immuni a quello che possiamo definire come “trumpismo”. Vivo in una città i cui abitanti sono un melting pot di etnie, culture e religioni.

Dovrei essere spaventato da quella che è l’America oggi, ma in definitiva anche grazie a Trump ho capito di non esserlo. Forse sono solo troppo vecchio e stanco per credere che un qualsiasi politico sia davvero in grado di cambiare le cose, sia in positivo che in negativo.

 

Brian Azzarello 01