David Aja riflette su The Seeds, la serie che ha disegnato su testi di una delle più venerate personalità del Fumetto americano, ovvero la signora Ann Nocenti. Noir tosto che racconta un’America sull’orlo della catastrofe, tra ambiente al tracollo e presenze aliene, The Seeds ha visto la pubblicazione della sua raccolta in volume negli Stati Uniti lo scorso 23 dicembre.

 

 

Non una storia editoriale facile quella di questa serie, che in Italia leggeremo grazie a BAO Publishing, così come non semplice è stato il suo concepimento. Proprio della versione originale che Nocenti e Aja avevano in mente ha parlato l’artista. Ed ecco le sue recenti dichiarazioni, affidate alle pagine della raccolta di The Seeds.

 

Aja – C’è una gazza sulla mia finestra. Incontro Ann Nocenti in occasione di un paio di storie di Daredevil, nel 2009. Sono cresciuto leggendo i suoi fumetti e già le voglio bene. Nel corso degli anni abbiamo parlato spesso di lavorare di nuovo insieme, scambiandoci un sacco di folli idee, e finalmente arriva il 2016, quando ci troviamo con una storia intitolata Scoop. Ambientata negli anni Novanta, parla di un reporter che investiga su un tizio che forse è un alieno, c’è dell’amore, ci sono le fake news. Lo so. Se avete già letto la nostra serie, tutto questo vi suona familiare.

The Seeds, copertina di David Aja

Avevo l’occasione di lavorare con una delle mie autrici preferite, ma avevamo bisogno di un editor. E ho pensato a colei che più amo e apprezzo in quel mondo, ovvero Karen Berger. Ebbene, Ann conosce Karen. Le mandiamo il nostro soggetto su Scoop e lei… lo rifiuta. Anne d io contattiamo alcune altre case editrici e alcuni editor, ma qualcosa proprio non quadra e siamo sul punto di mollare. Quasi.

Nel 2017 iniziamo a pensare a un cambiamento. Ho sempre amato le storie distopiche e le maschere a gas, quindi inizio a pensare di porre la vicenda in un vicino futuro o in una realtà parallela. Una cosa conduce all’altra e improvvisamente eccoci con un nuovo soggetto per la storia che avete appena finito di leggere. Contemporaneamente, leggo la notizia: Karen sta per lanciare una nuova etichetta con Dark Horse. Quindi le mando il soggetto e sembra che questa volta vada meglio. Lo accetta.

Ricordo di aver scherzato, all’inizio della lavorazione, paragonando il nostro rapporto di lavoro a quelle frasi promozionali per gli horror da quattro soldi: “Per lui, lavorare con loro era un sogno. Ora scopriranno che lavorare con lui è un incubo.” Ann, Karen, vi ringrazio. Abbiamo iniziato il nostro racconto, The Seeds, alla fine del 2017 e nel frattempo la realtà si è messa di mezzo. Siamo arrivati alla fine all’inizio del 2020, appena in tempo per la pandemia globale.

La narrativa ha il suo tempo e i suoi spazi, ma è sempre basata sulla realtà. Un mio amico diceva spesso che tutto è plagio tranne l’autobiografia. In ogni opera di narrazione rappresentiamo la realtà e le esperienze che ci capitano attorno. Ci mettiamo le cose che ci influenzano e che ci piacciono.

Albert Camus diceva che Franz Kafka era un pessimo scrittore dell’assurdo, perché i suoi romanzi mantenevano sempre un barlume di speranza. Forse questa può essere una metafora del mondo attorno a noi. Forse la realtà è quel luogo dove possiamo accedere a un sacco di orrore, ma anche a divertimento, gioia, tenerezza, bugie, bruttezza e bellezza. Il luogo in cui perdiamo chi amiamo e cerchiamo di occuparci di chi abbiamo intorno.

Ma credo che ci sia sempre speranza. E una gazza sulla mia finestra.

 

 

 

Fonte: Games Radar