Le leggende degli Uomini X continuano. Archiviato il primo arco narrativo dedicato al mistero trentennale di Adam X, Nicieza passa il testimone a un inossidabile duo delle saghe mutanti, Walter e Louise Simonson, artefici di uno dei più celebri cicli di storie di X-Factor. Tocca a loro cimentarsi nel raccontare una storia mai narrata della loro produzione, e la scelta non poteva che cadere sui cinque X-Men originali e sulla loro nemesi dell’epoca, Apocalisse.

 

 

In attesa di leggere questo dittico sulle pagine di X-Men Legends #3/4, i coniugi parlano dei protagonisti delle loro storie, tra ieri e oggi, e delle scelte narrative più difficili:

 

X-Men Legends #3, copertina di Walter Simonson

Louise – L’editor della serie, Mark Basso, mi ha chiamato e mi ha chiesto: “Vuoi fare una storia di X-Men Legends?”, e io ho risposto: “Certo”. E così è andata. Mi ha chiesto se avessi un punto in cui potevo inserire una storia nella vecchia continuity, e la vecchia continuity di X-Factor era molto compatta. Non ero stata furba come Chris Claremont. Claremont aveva lasciato un sacco di sottotrame in sospeso, molto astuto da parte sua, io invece no. Mi ci è voluto un po’ di tempo prima di capire dove inserire la storia, ma alla fine ho trovato un punto. C’è un momento nella serie dove vediamo cosa succede con X-Factor e poi, all’improvviso li vediamo sulla nave, lanciati verso lo spazio, senza la minima idea di cosa stia succedendo. Avevo in mente una storia che aveva a che fare con Apocalisse, le sue origini e il suo coinvolgimento in tutto questo. È una storia che non avevo mai raccontato, e quello si è rivelato il punto perfetto in cui inserirla. Quindi sono riuscita a farlo con un occhio al presente perché, dopotutto, metà delle cose a cui avevo pensato sono già state fatte nel frattempo.

X-Men Legends #3, anteprima 01

Walter – Abbiamo lavorato usando quello che chiamano lo “stile Marvel”. Quasi nessuno lo usa più. Ma in pratica lo sceneggiatore fornisce all’artista la trama, il disegnatore disegna venti pagine di illustrazioni, quelle che oggigiorno sono lo standard per un albo regolare, poi il primo scrive i testi lavorando con le illustrazioni sottomano. Abbiamo lavorato in questo modo per molto tempo. Faccio ogni pagina in forma di bozzetto e poi le sviluppo in seguito. Sono illustrazioni molto abbozzate, sagome e figure a bastoncini, ma bastano per fissare la narrativa. Intanto vengono decise le vignette e le pagine. A questo punto, Weezie ha una buona idea di quello che sto facendo, quindi scrive i suoi testi sui bozzetti. Di tanto in tanto mi chiama (io lavoro nello studio da basso, lei nel suo ufficio al piano di sopra) e mi chiede se quella che vede è una pizza o un disco volante.

Ho dovuto consultare vario materiale di riferimento, perché non disegnavo più Apocalisse da circa trent’anni. E poi c’è Calibano. In questi due numeri è più o meno a metà strada tra come lo disegnavo io, un po’ smagrito, e il colosso sotto steroidi che diventa nei numeri successivi. Quindi ho cercato di fare da ponte tra le due versioni. Probabilmente non è massiccio come avrebbe dovuto essere, ma era difficile renderlo, considerato come lo disegnavo io. Ho anche cercato di mantenere un po’ lo stile che usavamo trent’anni fa. Una delle differenze principali è che non c’è Bob Wiacek a fare le chine del numero. Mi sarebbe piaciuto riunire tutta la banda. Quindi ho cercato di fare le chine un po’ più pulite rispetto a quelle che faccio per Ragnarok della IDW. Ho cercato di evocare un po’ di quelle vecchie tecniche.

X-Men Legends #3, anteprima 02Mi piace disegnare Arcangelo, dopotutto ho creato io il suo aspetto, ma mi piaceva il suo look. Penso che funzionasse piuttosto bene. È stato molto divertente da disegnare, tolta un po’ di ruggine ho ritrovato il feeling con il personaggio. E mi diverto sempre molto a disegnare Apocalisse. Una cosa molto divertente su Apocalisse è il fatto che se cerchi sul web, spesso vengo accreditato come il creatore di Apocalisse assieme a Weezie. In realtà è stato Jackson Guice a co-crearlo. Compariva in un paio di numeri che Jackson aveva disegnato ai vecchi tempi, prima che arrivassi io nel decimo, ma non aveva ancora fissato un look preciso. Quindi ci sono un paio di varianti.

C’è una vignetta in cui tiene un pugno alzato e il volto è coperto dall’ombra e cose del genere. Un paio di scene dopo, ha l’aspetto che ha adesso. In breve, Jackson non aveva fatto molto sul personaggio, quindi quando ci ho messo le mani sopra, l’ho messo sotto steroidi e l’ho rinforzato per dargli l’aspetto che ha oggi… o almeno credo, non vedo Apocalisse da molto tempo, non so che aspetto abbia ora. Comunque lo disegnai come se fosse la versione di Jackson pompata al massimo, come se lo avesse disegnato Jack Kirby, o almeno quella era la mia intenzione. È un grande personaggio, ma spesso non viene colto nella sua concezione. E non intendo solo visivamente, ma anche come personaggio. Come ha dimostrato il film X-Men: Apocalisse, non avevano la minima idea di cosa fosse il personaggio. Come tutti i film, sono sicuro che stessero soltanto “cercando di migliorarlo”. Mi spiace dirlo, perché chiunque l’abbia progettato sono certo che abbia fatto del suo meglio.

X-Men Legends #3, anteprima 03

Molti anni fa, probabilmente otto o dieci, prima che uscisse il film, ero a San Diego. Stavo uscendo dal centro convention e c’era un miliardo di persone. C’è solo un’uscita dalla convention, è come la metropolitana nell’ora di punta, è un vero incubo. Nella calca ti mescoli a un sacco di gente. E davanti a me, sul lato opposto della strada, vedo un tipo in costume da Apocalisse, basato sul look originale di Jackson. Non so se fosse solo un tizio molto alto o se avesse dei rialzi alle scarpe. Era alto almeno due metri, credo. Indossava il costume originale creato da Jackson, ed era fenomenale. Aveva un aspetto fantastico. Poi ho visto il film e sono rimasto molto deluso di non vedere quel look, perché avevo visto che era stato fatto nel mondo reale e funzionava alla grande. Quindi, con tutto il rispetto per i costumisti del film, sono sicuro che ce l’hanno messa tutta, ma mi dispiace che abbiano deciso di andare in una direzione diversa. È un personaggio molto divertente da disegnare, in parte perché raramente combatte di persona, quindi non devi preoccuparti troppo di quell’aspetto. Nella maggior parte dei casi se ne sta in piedi a osservare la scena in pose imperiose, quindi è divertente cercare sempre nuovi modi di raffigurarlo da fermo ma farlo apparire imponente allo stesso tempo.

X-Men Legends #4, copertina di Walt Simonson

Louise – In quelle storie mi ero sforzata soprattutto di trovare una continuità logica. La trama in quella fase era molto complessa, perché Jean doveva essere morta, ma in realtà non lo era. E come sapete, Scott era stato abbrancato dal personaggio di Chris, Madelyne Pryor. Prima era stato rimosso dalla continuity degli X-Men e poi essenzialmente aveva abbandonato sua moglie e suo figlio, una cosa molto anomala per lui che era sempre stato un gravo ragazzo.

Quindi diciamo che cercavo di raccontare una storia che rendesse logico quello che era successo e che mostrasse il personaggio fedele alla sua natura per quanto possibile, considerando che, come sapete, erano tutti marionette strattonate qua e là dai decreti editoriali, una cosa che succede molto spesso. Credo che la maggior parte delle volte in cui un personaggio agisce contro la sua natura e la cosa infastidisce i lettori, il tutto è dovuto a una forza esterna che non ha niente a che fare con le storie vere e proprie o con le vite dei personaggi. Quindi avevo due obiettivi. Uno era dare un senso a quello che stava succedendo. E un altro, assieme a Chris, era quello di riportare le serie a un punto in cui potessero funzionare assieme, ed è così che procedemmo nel corso del Massacro mutante, della Caduta dei mutanti e poi in Inferno, che fu il punto in cui rimettemmo il genio nella lampada e tutto tornò ad avere un senso, o almeno spero. Inoltre avevo cercato di amplificare i loro poteri, perché i vecchi X-Men avevano dei poteri da anni 60 nel mondo degli anni 80. Quindi volevo fare delle storie che li rendessero più potenti. Mi sembrava ragionevole renderli competitivi in quello che all’epoca era il mondo moderno, anche se ora è divenuto a sua volta il passato.

Walter – Anche le varie storie personali per noi erano importanti. Ho sempre trovato la vita personale di Peter Parker raccontata da Stan Lee e Steve Ditko interessante almeno quanto la lotta con i criminali. Tutte le storie con Flash Thompson e Gwen Stacy. Peter, con la sua vita da soap opera, la scuola, sua zia… erano cose che lo tenevano con i piedi a terra e rendevano il suo operato da super eroe più interessante. Cercava di mantenere l’equilibrio tra la sua super-identità e tutto quello che succedeva nella sua vita civile. Noi non potevamo fare una cosa del genere in ogni numero e per ogni personaggio, naturalmente, ma avere un aggancio alla vita reale per noi rendeva le storie molto più interessanti.

X-Factor #26, copertina

Louise – Nel caso di Warren, la cosa più importante per lui era poter volare, ma era anche il classico ragazzo d’oro. Era sempre felice. Gli andava sempre tutto bene. A differenza di Scott, a cui andava tutto male. Quindi cercammo di scoprire di che pasta fosse togliendogli la cosa che per lui era più importante. E lo facemmo al povero vecchio Warren. Temo sia colpa nostra. Gli strappammo le ali. Be’, in realtà fu Cameron Hodge a farlo. Noi non faremmo mai una cosa del genere. E come sapete lo trasformammo in un personaggio diverso, soggetto a una serie di pulsioni con cui doveva combattere per tornare a essere la persona che era prima. Impossibile a farsi, ma forse poteva diventare qualcuno di altrettanto buono, ma diverso. Questo era il nostro obiettivo con lui, e credo che sia andata meglio con lui che con Uomo Ghiaccio, che non abbiamo cambiato in modo fondamentale. Abbiamo solo amplificato i suoi poteri. Forse prima o poi avremmo dedicato un arco narrativo importante anche a lui, se fossimo rimasti sulla serie più a lungo. Lo avevamo fatto incontrare con Loki, che aveva portato i suoi poteri fuori controllo, ma non abbiamo mai avuto l’opportunità di esplorare la cosa fino in fondo. Mi sarebbe piaciuto farlo, ma in una serie di gruppo ci sono dei limiti. Gli donammo la cintura come un simbolo per tenere sotto controllo il suo potere, per non lasciarsene sopraffare. Quanto a Bestia, lo trasformammo di nuovo in Bestia.

Walter – Le ali di Arcangelo sono chiaramente molto flessibili perché altri artisti, soprattutto Whilce Portacio, le hanno usate in molti modi che a me non sarebbero mai venuti in mente. Devo dire che Whilce ha fatto un ottimo lavoro di design con le ali. Inoltre ha fornito ad Arcangelo un’arma che prima non aveva, un’arma alquanto letale, se vogliamo, vale a dire lanciare quelle lame che poi ricrescono: una specie di metallo organico che si rigenera. Lui scaglia quelle lame e le sue ali non perdono consistenza!

È stato un piacere anche tornare a disegnare Ciclope. Mi è sempre piaciuto Cyke. La decisione editoriale di allontanare Ciclope da sua moglie e suo figlio… forse non sarebbe stata quella che avrei preso io. Cyke è sempre stato un personaggio moralmente integro. E fino a quel punto, ben poco interessante. Ma dopo quella svolta diventò un personaggio molto più complesso, difficile e interessante. Quindi ha fornito agli autori molte direzioni diverse in cui portarlo, direzioni che non erano percorribili prima di quella svolta. Quindi personalmente non avrei preso quella decisione editoriale, ma a livello di sviluppo del personaggio, forse non è stata la cosa peggiore del mondo.

X-Factor #43, copertina

Walter – Non credo di rivelare nulla che Chris non abbia già detto, ma Madelyne era entrata in scena semplicemente perché Jean Grey gli era stata tolta dalle mani, come anche Ciclope al momento di creare X-Factor. Chris aveva creato Maddie essenzialmente come doppelganger per poter raccontare le storie di Jean Grey che non aveva potuto raccontare usando qualcuno che le assomigliasse. È stata creata come una specie di doppelganger fin dall’inizio. Non credo che sarebbe mai esistita se non avessero strappato Jean dal grembo di Chris prematuramente.

Louise – Dopotutto, il suo cognome era Pryor, no? Aveva avuto un’esistenza precedente. In pratica compare letteralmente dal nulla. All’epoca Chris non aveva nessuna intenzione di trasformarla in una cattiva. E insomma, era un personaggio con cui dovevamo fare qualcosa. E per me era sempre stato una sorta di palliativo, probabilmente è per quello che avevo poca empatia per lei. Sapevo che era solo un rimpiazzo. Era sempre stata una falsa Jean. Anche quando la usava Chris, era sempre una falsa Jean. So che dicendolo finirò nei guai, ma non mi è mai sembrata un personaggio vero e proprio. E credo che il modo in cui l’abbiamo usata fosse dovuto alla sensazione che mi ha sempre suscitato: quella di non essere una persona vera, ma solo il simbolo di un’altra persona.

 

 

Fonte: AIPT