Dopo Luca Enoch e Stefano Vietti con il loro Dragonero e Alfredo Castelli con il suo Martin Mystère, per le interviste ai grandi autori di Sergio Bonelli Editore è tempo di Mauro Boselli. Il “Bos” ci ha raccontato qualche aneddoto su Gianluigi Bonelli e suo figlio Sergio; ci ha parlato del futuro di Tex, di cui è editor e prima penna; ci ha rivelato le future trame di Dampyr, l’apprezzata serie horror-fantasy da lui creata insieme a Maurizio Colombo a inizio millennio.

Ringraziamo come sempre la Casa editrice per la consueta disponibilità e Mauro Boselli per l’imperdibile chiacchierata che ha regalato al pubblico di BadTaste.it.

 

Ciao, Mauro, bentornato su Badtaste.it.
L’ultima volta che sei stato nostro ospite è stato per i settant’anni di “Tex” ed è un piacere averti di nuovo con noi, per celebrare gli ottant’anni di Sergio Bonelli Editore: un traguardo che poche case editrici di fumetti al mondo possono vantare. Che effetto fa a te, che sei uno dei suoi autori più rappresentativi nonché inossidabile colonna?

Tex 726: Il pistolero vudu, copertina di Claudio Villa

Grazie. Torno da voi sempre con piacere. Questo compleanno di Sergio Bonelli editore, prima di tutto, mi fa paura. Ottant’anni sono davvero tanti e io ho calcolato che di questi, metà li ho vissuti all’interno della casa editrice e buona parte dell’altra metà come lettore. La Bonelli, come per tanti altri italiani, è divenuta per me una parte del nostro paesaggio, della nostra cultura, della nostra esistenza. Per tantissimi nostri concittadini è difficile concepire la propria vita senza i personaggi Bonelli: senza Tex, Zagor, Martin Mystère, Dylan Dog, Nathan Never e gli ultimi arrivati. Ci sono poi molti altri italiani che, magari non hanno mai sfogliato un albo di “Tex”, “Zagor” o “Dylan Dog”, ma sanno sicuramente di chi si sta parlando, tanto questi personaggi appartengono ormai indissolubilmente ai nostri costumi, al nostro immaginario. Per cui, mi sento meravigliato e allo stesso tempo un po’ intimorito nel pensare di far parte di questa tradizione.

Hai conosciuto personalmente Gianluigi Bonelli, il fondatore della Fabbrica dei Sogni, di cui sei stato assistente, e ovviamente Sergio, colui che l’ha resa grande. Quale ricordo prezioso conservi per ognuno di loro?

Sergio era straordinario nel raccontare storielle: vorrei essere capace a raccontarle come sapeva fare lui. A volte, durante un incontro legato al Fumetto o alla presentazione di un libro di Andrea Pinketts – di cui eravamo molto amici – prendeva il microfono in mano e cominciava a disquisire delle sue avventure in Amazzonia o in Africa. Vi inseriva sempre degli episodi che ti facevano scompisciare dal ridere, come “la bottiglia di tequila con il verme”, di cui non vi racconterò nulla ma vi lascerò solo con il titolo, come per quelle storie su Tex o su Sherlock Holmes, che non sono mai state scritte. Sergio era un personaggio tosto, a volte burbero, ma aveva un lato umoristico straordinario, che poi ha riversato magnificamente nei suoi fumetti.

Il padre era molto diverso dal figlio. Per esempio, Gianluigi trovava strana la passione di Sergio per l’umorismo. Gianluigi era un tipo ruvido. Ricordo quando nel suo studio mi offriva da bere una bottiglia di succo di pomodoro o di rabarbaro e mi raccontava di storie in bilico tra fantasia e realtà, che non ho mai capito se fossero episodi realmente accaduti a lui o soggetti mai sceneggiati del suo personaggio Furio. Gianluigi ha vissuto a Parigi e faceva lo sparring partner di pugili: è un mestiere incredibile, solo lui poteva rimanere in piedi! Io sarei morto. Padre e figlio erano personaggi giganteschi, non trovo altri aggettivi.

Io sono entrato nella vita della famiglia Bonelli, o meglio, la famiglia Bonelli è entrata nella mia vita, una sessantina di anni fa. Frequentavo, infatti, prima alle elementari e poi alle medie, Giorgio, il figlio minore di Gianluigi. Posso vantarmi nel dire che ancora adolescente andavo al cinema con Gianluigi Bonelli, l’autore di “Tex”. Ho visto insieme a lui, ovviamente film western, ma anche di fantascienza. Ricordo che abbiamo visto insieme “Arancia meccanica”, quando uscì nel 1971, tutti e due in piedi perché non c’era posto in sala. È una cosa a cui allora non facevo caso, ma adesso mi fa un certo effetto.

Ricordo tantissimi particolari della casa editrice e mi ricordo quando per gioco frequentavo lo studio di Gianluigi Bonelli, prima di diventar davvero il suo assistente; già da ragazzino, quasi per osmosi, stavo imparando i rudimenti del mestiere. Ricordo le discussioni per strada tra i tre Bonelli, Gianluigi, Sergio e Giorgio, riguardo al fatto se Giuliano Gemma andasse bene nel ruolo del protagonista nel film “Tex e il signore degli abissi” del 1985, se Duccio Tessari fosse adatto come regista o se il risultato non rischiasse di essere troppo “spaghetti western”; ognuno aveva la sua idea e mi tirava per la giacchetta perché gli dessi ragione, mentre io cercavo, imbarazzato, di darla un po’ a tutti. I Bonelli sono entrati così profondamente nella mia vita che ho sofferto molto sia per la perdita di Gianluigi che per quella di Sergio.

Nel corso dei miei quarant’anni di lavoro in Bonelli e nei dieci anni prima, in cui vi curiosavo, ragazzino, da amico di famiglia, ho avuto la fortuna di conoscere, oltre Gianluigi e Sergio, altri giganti del Fumetto italiano, come Gino D’Antonio, Sergio Toppi, Dino Battaglia, Gallieno Ferri, che purtroppo non ci sono più, ma anche Alfredo Castelli, Tiziano Sclavi, Giancarlo Berardi, che sono ancora miei colleghi. Cosa posso chiedere di più?

Tex 727: La strega della palude, copertina di Claudio Villa

Mi hai definito prima “inossidabile colonna”, mi hai fatto un po’ paura, perché comincio a lamentare qualche acciacco, ma mi vengono tutt’ora idee anche quando sono molto stanco, per cui credo di poter resistere ancora qualche anno.

Festeggio dunque con piacere questi ottant’anni, cercando di dimenticare tutte le cose brutte e i brutti pensieri inevitabilmente legati a questo orrendo periodo di pandemia, che sembra finalmente mollare la presa. Psicologicamente quanto è accaduto ha provato molto anche me. Se non ci fosse stato il covid mi avresti trovato spumeggiante come al solito! Sergio, da quando l’ho conosciuto la prima volta, ha sempre sostenuto che il Fumetto sarebbe finito e che tutto fosse destinato a peggiorare: devo aver introiettato il suo pessimismo, che era comunque scaramantico, comico talvolta. Ma è passato mezzo secolo e siamo ancora qui; io sono sempre stato ottimista, per cui mi auguro di poter arrivare a festeggiare i 100 anni di Sergio Bonelli Editore!

Per festeggiare questo straordinario compleanno, Bonelli ha realizzato una splendida collezione di ventitré medaglie celebrative, con le effigie dei personaggi che hanno fatto la storia di via Buonarroti 38. La saga di “Tex” ne vanta ben cinque ed è l’unica serie che ha un villain nella raccolta: Mefisto. Cominciamo una volta tanto, per parlare di Tex, partendo dalla sua nemesi. Come si dice, Batman non sarebbe Batman, senza Joker. Quanto è importante per la saga western più famosa di sempre e per te personalmente, un personaggio come Steve Dickart?

Hai citato Batman. I nemici di Batman sono tutti molto bizzarri e accattivanti, oltre a Joker, naturalmente. Batman vive e lotta in funzione dei nemici. I nemici di Tex non sono così importanti e nella maggior parte dei casi sono “cattivi normali”, incarnano la banalità e la quotidianità del male. Non possono che venire strapazzati da Tex, perché Tex gli è infinitamente superiore. Joker è un villain estremamente carismatico, un criminale dei più tosti, che può affrontare Batman alla pari. Non è così in Tex. Anche Mefisto è alla fine una mezza tacca, paragonato al nostro ranger; questo, per un motivo ben preciso: il male e i villain in “Tex” non devono avere carisma e fascino. “Tex” è una serie luminosa, classica, in cui il lettore non può empatizzare o simpatizzare per il nemico.

Mefisto è comunque un pesce fuor d’acqua; non assomiglia agli altri villain presenti in “Tex”; è un colpo di genio di Gianluigi Bonelli che ha reso la serie imprevedibile con questa intromissione del fantastico nel western, e che è stato uno dei motivi del suo successo negli anni 60. In quell’arco di tempo le apparizioni di Mefisto e di suo figlio Yama sono state frequenti, almeno tre o quattro, perché erano molto attese dai lettori. Aggiungo che i due villain erano nel “Tex” di Gianluigi l’unico elemento di continuity.

Poi, per molti anni, Mefisto è stato abbandonato, ma è rimasto nell’immaginario collettivo degli appassionati di “Tex”. Per più di quattro decenni, a parte la lunga storia di Claudio Nizzi e Claudio Villa di inizio 2000 [“Mefisto!” (“Tex 501”, luglio 2002), “Una trappola per Carson” (“Tex 502”, agosto 2002), “Il potere delle tenebre” (“Tex 503”, settembre 2002) e “Il covo del male” (“Tex 504”, ottobre 2002) – NdR] non ci sono state più apparizioni di Mefisto nella serie, anche se questo villain è rimasto per tanti una figura mitica. D’altra parte, piace a molti lettori ma è poco gradito ad altri.

L’anno prossimo ci sarà una nuova, lunga storia di Mefisto – davvero lunga – di sette numeri, disegnata da Fabio Civitelli e dai fratelli Raul e Gianluca Cestaro; su mia sceneggiatura, rappresenterà l’apoteosi del villain e ci sarà anche Yama.

Quattro sono le storiche penne di “Tex” che hanno interpretato il personaggio secondo le proprie inclinazioni, pur rimanendogli sempre fedele: Gianluigi e Sergio Bonelli, Claudio Nizzi e ovviamente tu, che sei anche il suo attuale editor. Vorrei che ci descrivessi, dunque, le caratteristiche peculiari di ognuno di questi quattro, grandi “Tex”.

A mio parere il “Tex” di Gianluigi Bonelli è il classico western epico e d’azione: in breve, il mito del Vecchio West. Sergio Bonelli interpreta dal canto suo l’evoluzione del western in chiave moderna, ovvero problematico e drammatico. Con Claudio Nizzi si torna al mito del Vecchio West ma sotto forma di commedia, sullo stile dei film di Burt Kennedy degli anni 60: la familiarità del West, direi. Ciò che invece ho cercato di fare io è stato di recuperare quella dimensione epica, classica – che amo molto – rendendola un po’ più complessa, con un pizzico di romanticismo. Nella collana “Tex Willer”, che vede la gioventù del protagonista, come ben sai, possiamo dire a ragione che il romanticismo galoppa.

Veniamo proprio a quest’ultima collana, la seconda regolare del personaggio. La tua versione del giovane Tex Willer, che si rifà alle origini dell’eroe di Gianluigi Bonelli, ha ottenuto un ottimo riscontro da parte del pubblico. Negli ultimi numeri abbiamo visto sfiorarsi i destini di coloro che diverranno inseparabili compagni: i futuri Aquila della Notte, alias Tex, e Capelli d’Argento, ovvero Kit Carson. Puoi rivelarci alcuni degli sviluppi delle trame, che sicuramente coinvolgeranno altri personaggi del passato, come Arkansas Joe, e quali sono le ambizioni dell’intero progetto?

Tex Willer 31: lo sciamano dei Crow, copertina di Maurizio Dotti

Sì, certamente. Arkansas Joe è già apparso in un paio di vignette di Bruno Brindisi, in un albo di qualche mese fa [“El paso del norte” (“Tex Willer 26”, dicembre 2020) – NdR] e tornerà insieme a Kit Carson, in uno storyarc previsto per fine anno. Sicuramente Kit e Tex si incontreranno a un certo punto della serie; abbiamo da poco superato l’albo numero 30 e posso anticiparvi che intorno al 60 saranno già amici e avranno l’occasione di battersi fianco a fianco in avventure mai raccontate. L’idea che sta alla base di “Tex Willer”, come avevo spiegato al suo esordio, è di seguire il percorso tracciato da Gianluigi Bonelli, cercando di scioglierne alcune incongruenze. Mi riferisco alla Guerra di Secessione, a quando inserirla nella timeline della saga, così come alle avventure messicane in compagnia di Montales. Ho già in mente un piano d’azione, che perfezionerò quando dovrò affrontare questi racconti.

Attualmente io e il mio staff stiamo lavorando alla run che verrà ospitata all’incirca sul numero 50 di “Tex Willer”. Per riallacciarci alla testata ammiraglia, si tratta degli eventi legati a “La mano rossa” [storia uscita a partire dal quarto albo della prima serie a strisce di “Tex”, nel 1948, e poi riproposta su “Tex 1”, nel marzo del 1964 – NdR]; per cui ci siamo quasi.

Nelle nostre intenzioni, si vuole arrivare nei primi sei anni di “Tex Willer”, quindi per la fine del 2024, a raccontare l’entrata di Tex nei ranger. Poi toccherà al periodo della Guerra di Secessione e alle avventure messicane, di cui dicevo poc’anzi. Se ci proiettiamo in avanti, l’incontro con la sua futura sposa, Lilyth, può collocarsi tranquillamente tra ottanta o novanta numeri.

Dopo di ché, se dovessimo arrivarci – non per questioni di vendite ma di resistenza mia, se non sarò già andato in pensione – c’è la possibilità di narrare tutta la giovinezza di Tex come ranger, quando suo figlio Kit è ancora bambino. Sì può andare avanti fino al ritorno di Mefisto, per cui il progetto in sé ha un lungo futuro che lo attende.

Ci puoi fare qualche anticipazione sulle altre testate di Tex, lo speciale, ossia il cosiddetto “Texone”, i maxi e i cartonati alla francese?

Partiamo dai “Texoni”. Quest’anno sarà la volta dell’albo illustrato da Giampiero Casertano su testi di Pasquale Ruju; l’anno successivo toccherà alle matite di Giovanni Freghieri e alla penna di Gianfranco Manfredi; nel 2023 uscirà un mio racconto, illustrato da Maurizio Dotti. Tutti e tre sono già a buon punto, se non quasi finiti. Per i cartonati, sono in arrivo quello scritto da me e illustrato da Enrique Breccia e quello scritto da Giorgio Giusfredi e illustrato da Carlos Gomez; anche in questa collana a colori ci sarà un volume firmato da Casertano e sceneggiato da Ruju, poi un altro, ancora sceneggiato da me e disegnato da Laura Zuccheri. Infine, sui “Maxi Tex”, dopo aver riportato in scena i tre fratelli Bill nell’albo dello scorso ottobre, toccherà a un altro leggendario personaggio di Gianluigi Bonelli: Rick Master.

Quest’anno, mi preme aggiungere, avremo anche il terzo speciale di “Tex Willer”, che vedrà niente meno che l’incontro di Tex con Zagor, scritto da me per le matite di Alessandro Piccinelli. Non sarà l’unico, posso confessarvi, e si rifà alle avventure texane dello Spirito con la Scure, quelle con ranger, comanche e comancheros, sceneggiate da me anni addietro per i disegni di Stefano Andreucci e di Carlo Raffaele Marcello. A proposito di quest’ultime, “Comancheros” e “Fratelli di sangue” saranno ristampate in edicola, in versione integrale, a ottobre, poco prima del suddetto, terzo speciale di “Tex Willer” a dicembre. Per i futuri speciali di “Tex Willer”, oltre ad altri incontri tra Tex e Zagor, abbiamo in progetto di raccontarvi una storia su Mefisto e una su Hutch, amico di giovinezza del protagonista.

Chiudo, rivelandovi che per questa estate è prevista una sorpresa sulla serie regolare e che sempre per la serie regolare, Claudio Villa sta lavorando su mia sceneggiatura a una nuova storia per un anniversario importante da celebrare tra qualche anno.

Prima hai citato il film “Tex e il signore degli abissi”, di Duccio Tessari. Sono in programmazione anche trasposizioni di Aquila della Notte sul grande o piccolo schermo all’interno dell’ambizioso progetto del Bonelli Cinematic Universe?

Non saprei risponderti, non perché non voglio, ma proprio perché non so. Il Bonelli Cinematic Universe è responsabilità di Vincenzo Sarno; io non voglio sapere perché poi parlo troppo! Però tutto è possibile.

Lasciamo il western e veniamo all’horror, ossia al fumetto da te creato insieme a Maurizio Colombo nel 2020: “Dampyr”. L’anno scorso il Figlio del Diavolo ha compiuto 20 anni di vita editoriale ma la pandemia non ha permesso di festeggiare l’evento a dovere. Avete in serbo per questo 2021 qualcosa che non siete riusciti a fare nel 2020?

Dampyr 253: I figli di Pontemorto, copertina di Enea Riboldi

I vent’anni di “Dampyr” sono già stati celebrati ad aprile 2020 con l’episodio numero 241, “Il cavaliere di Roccabruna”, scritto da me e disegnato da Majo, nonché per l’occasione tutto colorato da Matteo Vattani e con un formato extra di 110 pagine.

In verità, per l’uscita del film di Dampyr, avevamo preparato una lunga storia articolata in quattro albi e con la presenza di sette, otto autori diversi, che con la pandemia è stata posticipata per l’uscita della pellicola. Avrebbe dovuto arrivare quest’autunno in edicola, ma a questo punto penso sarà rimandata a primavera 2022. Non è slittato invece il battesimo di una nuova collana che esordirà quest’estate. Si tratta di “Color Dampyr”, una testata antologica che raccoglie storie brevi di diversi autori. Per questo primo numero siamo impegnati ai testi sia io che Maurizio Colombo, insieme a Giorgio Giusfredi, con il supporto dei disegni di Alessandro Baggi, Michele Cropera, Francesco De Stena, Nicola Genzianella, Helena Masellis, Luca Rossi e Alessandro Scibilia.

Per quanto riguarda invece la continuity dampyriana, quest’ultima prosegue spedita. Recentemente abbiamo visto l’ultima reincarnazione dell’arcinemico Nergal e l’uscita dai giochi del suo sostituto ad interim, il duca Abigor. Davvero non rivedremo più in azione questi due personaggi, soprattutto il primo, da te cesellato in maniera davvero efficace?

Credo che per Nergal non ci sia proprio più speranza: è definitivamente spacciato. Abigor… chissà? Per ora è stato esiliato. Non abbiamo nulla in mente di specifico su di lui, ma se ci verrà una buona idea, lo ritroverete di certo in scena.

A proposito di personaggi di spessore, che ne è di Taliesin? Continuerà sulla serie regolare questa trama parallela incentrata sul primo Dampyr della storia?

Beh, ciò che posso dire è che al nostro bardo dei tempi di re Artù abbiamo dedicato diversi albi in passato e torneremo ancora a farlo presto.

L’inserimento della saga arturiana nelle trame dark fantasy di “Dampyr” è stata un’operazione molto interessante e suggestiva. Altrettanto hai fatto, per quanto riguarda la dimensione horror del tuo fumetto, con i miti di Cthulhu, di H.P: Lovecraft. Hai in mente nuove sottotrame simili a queste, sfruttando magari altre leggende e altri capolavori letterari mondiali?

Oltre ai due casi da te citati, abbiamo già fatto nostro, per così dire, l’immaginario fantastico di Gustav Meyrink e in parte anche quello di Edgar Allan Poe, nonché di R.E. Howard e altri ancora. Certamente ci sono altri scrittori che stuzzicano la mia, la nostra creatività. In “Color Dampyr” ne avrete un assaggio, ma è una sorpresa, dovrete leggerlo. In futuro, nel seguito della battaglia contro i misteriosi Mi-go, di lovecraftiana memoria, entreranno in azione altri famosi autori di fantascienza. Ci sarà da divertirsi.

Concludiamo, volendo saperne di più sul Dampyr più giovane della saga, Charles Moore. Ci puoi svelare quando tornerà in continuity e cosa hai in serbo per lui?

Lady Nahema, nuova direttrice del Servizio Segreto dell’Inferno, cercherà a più riprese di tirarlo dalla sua parte. Avrà successo? Vedremo.

 

 

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