Nell’ambito del nostro speciale dedicato alla collana Psycho Pop (leggi lo speciale), abbiamo intervistato Pat Grant, autore australiano del fumetto Blue.

Ciao Pat e benvenuto su Badcomics.it. Blue è la tua prima graphic novel; quanto tempo hai impiegato per realizzarla?

Ci sono voluti due anni ma molte persone la leggono in circa 20 minuti. Non è straziante?

Aprendo il volume sorprende il tuo messaggio ai lettori in cui li informi dell’esistenza online di “Blue” completo e addirittura suggerisci di consigliarlo e diffonderlo in giro. Si tratta di una procedura frequente nel settore dei webcomic, ma avendo tu un volume cartaceo da vendere, non pensi che questa scelta possa ridurre il numero di copie vendute?

Rifletto un sacco su questa cazzata. A essere onesto sono diventato un po’ un folle estremista.
Penso che tra le persone che scrivono storie ci siano due diverse correnti di pensiero sull’idea del materiale gratuito su Internet. Alcuni ritengono una storia come un’opera d’arte che ha un solo compito e un solo utilizzo, come un fazzoletto. Una volta che il fazzoletto è stato usato e appallottolato allora ha perso tutto il suo valore e non ha più ragione di esistere. Per queste persone un investimento di tempo ed energia in una storia o in un disegno è un investimento con un guadagno finito e in continua diminuzione. Se la pensi così sei terrorizzato del fatto che le persone possano ottenere così tanto materiale gratuitamente su Internet.
Il mio modo di pensare è: la mia storia è mia proprietà. Se lascio leggere il mio fumetto agli utenti di Internet, tutti la consumerebbero e io non sarei mai pagato. No. La mia proprietà dev’essere venduta a un prezzo adeguato.
Un altro modo di pensare alla storia o all’opera d’arte è come se fosse un treno merci senza motore, sulla cima di una leggera discesa. Un individuo può aver costruito il treno, ma finché non inizia a muoversi non serve a nessuno. Un treno che non si muove non è un treno, è una costruzione. L’autore può spingere il treno. un po’. Ma senza un gruppo di persone non arriverà da nessuna parte. Più persone spingeranno il treno e saliranno a bordo, più il treno si muoverà, sarà utile e avrà valore. Per me questo è un modo di pensare a una storia molto più costruttivo. Posso averla realizzata io, ma sono i lettori che la leggono, ci riflettono e ne parlano, o scrivono critiche su di essa che la rendono una storia di valore.
Io appartengo alla seconda categoria. per me una storia esiste per avere il maggior numero di lettori possibili, non per farmi fare denaro (anche se sarebbe stupendo se accadesse). Le storie e i disegni migliori non si consumano venendo letti, consumati, condivisi, scambiati o scaricati invece di essere strumenti per arricchire.
In questo momento della mia carriera mi conviene di più essere disponibile su Internet. Conosco molti autori e sento molti racconti oltraggiosi. Un sacco di editori non sembrano sapere quello che stanno facendo e sarei un folle a fidarmi di un editore al punto da lasciarlo custodire la mia tecnica narrativa.

p10Lo scenario in cui si svolge la vicenda è caratterizzato da uno stile cartoonesco ma anche molto ricco di dettagli. Quando hai realizzato i paesaggi li hai creati dal nulla o sono luoghi realmente esistenti, panorami che hai osservato e poi trasformato in modo psichedelico su carta?

Ho scritto il fumetto a un tavolo da lavoro sulla costa sud di Sydney, dove Blue è ambientato in modo non ufficiale. C’è una spiaggia adorabile sotto la collina, una minacciosa scarpata sopra di me e un sacco di spine nella flora australiana che mi circonda. Sembra proprio Bolton. Ho disegnato il volume in uno sporco studio di Melbourne, che è lontano da qui, perciò la creazione dei luoghi arrivava dalla memoria piuttosto che dall’effettiva ricerca visiva.

Gli immigrati sono inseriti nella storia in modo metaforico sotto forma di alieni blu. Già altri autori hanno rappresentato una società di persone con un aspetto fantastico per parlare di una situazione estremamente reale; mi viene in mente La Fattoria degli Animali di George Orwell, Maus di Art Spiegelman, o gli altri “alieni immigrati” del film District 9 di Neill Blomkamp. Come ti è venuta l’idea? Qualcuno di questi ti ha ispirato?

Decisamente sì. Le metafore visive sono qualcosa di molto potente che puoi fare nei fumetti. È affascinante soprattutto per quei lettori con un gusto letterario, gli appassionati di fumetti che  hanno sviluppato un certo gusto visivo tendono a preferire metafore visive più sottili e sto cercando di muovere il mio lavoro in quella direzione.
Una cosa su cui sto riflettendo ultimamente è che i fumetti sono una forma d’arte in grado di sostenere metafore visive in un modo che i film e la letteratura non riescono. I fumetti sono come un intreccio metaforico – abbinando e fondendo metafore visive – i cui singoli elementi possono essere importanti come gli immigranti blu di Blue o i topi di Maus o minimi come un balloon di un dialogo o un simbolo che esprime una sensazione.

Nel 2009 mi scrivevo col grande illustratore Shaun Tan, che mi ha aiutato a sviluppare questo progetto e mi ha mandato via e-mail il cortometraggio su cui Blompkamp ha basato District 9. Ero … che qualcuno avesse già messo in pratica un’idea simile. Ad essere sincero sono ancora un po’ turbato a riguardo, ma c’è quella cosa che dicono a proposito delle idee per le storie: “Non importa l’idea stupida idea ma quello che ci fai”.

IMG_9537Come racconti essere avvenuto anche a te e ai tuoi amici, nel finale della storia i tre ragazzi si “arrendono” e lasciano perdere la propria ricerca. È inusuale trovare in una storia dei protagonisti che rinunciano al proprio obiettivo; durante la fase di scrittura hai mai pensato a un finale differente rispetto ai ricordi del tuo passato? E cosa significa quella scena per te?

Sono sempre stato interessato alle storie irrisolte e non concluse. Sembrano qualcosa così vicino alla vita reale. Quando ero un bambino mia sorella mi portava in salotto per guardare pessimi film horror degli anni ’80, come Grano Rosso Sangue o La Bambola Assassina. Regolarmente, dopo circa 30 minuti mi spaventavo così visibilmente che mia sorella cambiava idea e mi mandava in camera mia a giocare con le costruzioni. Questa è la cosa peggiore da fare con un bambino, perché tutti sanno che le storie horror più terrificanti sono quelle che rimangono senza una conclusione. Nei mesi seguenti usai la mia immaginazione infantile per creare i finali più emozionanti e terrificanti per quei film. Anni dopo, quanto ho cominciato a guardare film horror e leggere romanzi di Stephen King ho realizzato che la maggior parte dei racconti horror peggiorano nel terzo atto. Diventano stupidi, o sicuri o prevedibili. Mi piace guidare narrativamente il racconto, che è stato il motivo per cui ho mandato inizialmente i ragazzi sui binari del treno ma mi piace lasciare situazioni irrisolte o col finale aperto, perché lo sconforto o la sensazione di disgusto trasmessa dalla storia è qualcosa che non voglio sminuire.

“Blue” ci mostra una piccola realtà in cui è diffuso il razzismo e la chiusura verso l’esterno. Sono elementi che hai percepito intorno a te in modo così evidente anche nella società in cui vivevi da bambino?

Assolutamente sì. Ma non solo nella mia società. In tutte le società.

Nell’articolo che chiudi il volume riveli una certa preoccupazione nei confronti della scena fumettistica australiana, che fatica a superare i confini e di cui non rimane testimonianza a lungo termine. Quale pensi potrebbe essere una soluzione a questo problema?

Le cose stanno cambiando abbastanza velocemente. Conosco alcuni australiani che stanno contribuendo attraverso le comunità globali di fumetto. Tumblr sta aiutando davvero molto e gli australiani stanno sprecando meno tempo a lamentarsi e a piagnucolare per lo svantaggiosa posizione geografica e passano più tempo a realizzare lavori abbastanza buoni da essere pubblicati oltreoceano.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Su quale opera sei al lavoro al momento?

Sto lavorando a un libro che ha per protagonisti un gruppo di geni della truffa adolescenti in uno strambo futuro post-industriale. Mi sto divertendo a inchiostrarlo. Potete vedere un piccolo teaser a questo indirizzo: http://www.patgrantart.com/ambientyeast/ay.html
Inoltre, ho realizzato questa storia su mio padre recentemente che, penso, potrebbe essere la cosa più popolare che io abbia mai fatto: http://www.patgrantart.com/toominavideo/toorminavideo.html
Potete ascoltare una lettura di questa storia fatta dal vivo alla Sydney Opera House: http://radiowithpictures.com.au/2013/10/25/toormina-video

 

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