Qualche tempo fa abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Teresa Radice e Stefano Turconi per parlare con loro del loro nuovo fumetto, Le ragazze del Pillar, e della graphic novel in uscita il prossimo autunno sempre per BAO Publishing.

 

 

Qua sotto trovate la trascrizione della nostra chiacchierata. Ringraziamo gli autori per la loro gentilizza e l’ufficio stampa della casa editrice milanese per la collaborazione.

 

Bentornati su BadTaste.it, Teresa e Stefano!
Com’è nata l’idea di “Le ragazze del Pillar”? Quando avete deciso di fare uno spin-off de “Il porto proibito”, questa è stata la prima idea o avete vagliato anche altre ipotesi, altri personaggi, altri luoghi?

Le ragazze del Pillar, variant cover di Stefano Turconi

Radice – L’idea è nata per nostalgia. Sapevamo da subito che si sarebbe intitolato “Le ragazze del Pillar”, queste prime storie si intitolano così perché è dal Pillar che ripartiamo, ma non è detto che staremo lì per sempre… Ci piaceva l’idea di rincontrare le ragazze, perché il loro mondo aveva un sacco di possibilità ancora da esplorare. Ci sono altri personaggi per i quali abbiamo una nostalgia tremenda e che torneranno.

L’incipit che si ricollega alle ultime pagine de “Il porto proibito” è solo un subdolo stratagemma per far piangere i vostri fan o volevate chiarire in modo inequivocabile il periodo in cui si svolge la storia? Perché poi sottolineate la data all’inizio di ogni capitolo: ci dobbiamo aspettare una narrazione disordinata in stile “Pulp Fiction”, magari con qualche episodio ambientato nel passato?

Radice – Sai che è una bella idea? Non ci avevamo pensato… Volevamo mettere un riferimento così che il lettore non si confondesse, le prime tre pagine sono le ultime de “Il porto proibito”.

Turconi – Sì, i dialoghi sono gli stessi, però le ho ridisegnate cambiando anche alcune inquadrature.

Radice – Il mondo è lo stesso del fumetto precedente, ma la storia è diversa. L’idea è che questi racconti possano essere letti anche da chi non conosce “Il porto proibito”.

Di sicuro le vostre idee sono migliori delle mie! Siamo in un periodo in cui la serialità sembra avere la meglio: diversi film vengono sviluppati sotto forma di serie TV. C’è la crisi della sala cinematografica, mentre lo streaming è diventato il canale attraverso cui il pubblico consuma maggiormente un certo tipo di prodotti visivi. Nel Fumetto, invece, sembra invece succedere il contrario: da sempre è stato un medium prevalentemente seriale, da edicola, mentre in questi anni le graphic novel e la distribuzione nelle librerie di varia stanno aumentando sempre di più. In questo processo, voi tornate a fare un fumetto seriale: ma come caspita vi è venuto in mente?

Le ragazze del Pillar, pag. 5

Turconi – In realtà, normalmente non amiamo troppo le serie. Facciamo molta fatica a seguire quelle televisive, non abbiamo tempo. Anche nel fumetto le abbiamo sempre un po’ lasciate da parte come imprese, a parte “Pippo Reporter”. “Le ragazze del Pillar” è nato un po’ per caso: prima viene fuori l’idea, poi capiamo in che forma potremmo realizzarla.

Radice – Sì, è un tentativo, e ci fa anche un po’ paura perché non siamo abituati! Abbiamo tantissime storie da raccontare e avevamo voglia di rivedere i personaggi de “Il porto proibito”: mi sembrano i due ingredienti fondamentali. In generale, ci piace cambiare, ma è la prima volta che decidiamo di tornare all’interno di un nostro libro.

È una scusa anche per tornare a fare viaggi in Inghilterra per documentazione?

Radice – Credo che i quintali di disegni e appunti raccolti all’epoca saranno più che sufficienti! [Ride]

Con che periodicità proseguirà la serie?

Radice – Non abbiamo ancora deciso con BAO come funzionerà. Ci piace l’idea di alternare uno di questi volumi a una nuova graphic novel, per cambiare sempre. Speriamo che funzioni, e vedremo se i lettori apprezzeranno!

In questo primo volume ci sono dei rimandi al passato e degli evidenti spunti che saranno sviluppati in futuro. La possiamo considerare una serie antologica con qualche collegamento qua e là, oppure c’è una continuity vera e propria?

Radice – La continuity è rispetto alle primissime scene de “Le ragazze del pillar”, dopo le tavole riprese da “Il porto proibito”, cioè la missione della Last Chance. Nei primi due capitoli ci sembrava giusto restare lì, mostrare dove siamo… Ma c’è tanto altro che non vedo l’ora di raccontare!

Teresa, a gennaio ci avevi rivelato di aver buttato giù nel giro di un mese otto episodi di “Le ragazze del Pillar”, sei dei quali in maniera approfondita. Se hai proseguito con questo ritmo, abbiamo ottanta episodi nel cassetto già pronti!

Radice – Al momento ho sette storie sviscerate a fondo. Vorrei arrivare a dieci, perché ci sono altri personaggi che vorrei raccontare di più. Ogni episodio ha il nome di una ragazza, posso anticipare che andando avanti non saranno solo ragazze del Pillar.

Tornate nel mondo de “Il porto proibito” ma l’approccio grafico è molto differente. Non più in bianco e nero ma a colori, come mai questa scelta?

Turconi – “Il porto proibito” era il mio primo lavoro così lungo, non avevo mai fatto più di 300 tavole. Ero preoccupato per la scadenza, di solito sono abbastanza preciso. Il bianco e nero a matita mi aiutava nelle tempistiche ed era anche perfetto per quell’atmosfera. In questo caso, invece, il colore è più adatto e mi ha permesso di giocare tantissimo con le atmosfere, le luci e i cieli, con quelle nuvole alla Turner che mi sono divertito a realizzare…

Un po’ come hai fatto in “Orgoglio e pregiudizio” in versione Disney.

Turconi – Esatto, ha un po’ la stessa matrice. “Il porto proibito” era un gioco di luci e ombre, qui c’è un gioco di luci, ombre e colori. È un elemento in più che stimola sia noi che i lettori.

Visto che “Il porto proibito” è stato pubblicato anche all’estero, ci sono stati degli imput per realizzare questo seguito a colori, così da arrivare a un pubblico più vasto?
Le ragazze del Pillar, pag. 13

Turconi – No, non abbiamo avuto pressioni di questo tipo, però sia BAO che il nostro editore francese sono stati molto felici per questo progetto, che è nato velocemente.

Radice – È successa questa cosa buffissima: avevamo già firmato il contratto con BAO per la prossima graphic novel, che esce nel 2020, quindi le tempistiche su quel progetto erano già state concordate. Dopo “Non stancarti di andare”, ero bloccata. Non riuscivo a scrivere più niente. Per due anni avevo letto cose per entrare nell’argomento del nuovo lavoro, come faccio sempre, ma non mi usciva una parola.

Mi sono resa conto che rischiavo di non uscirne più, e prima di partire per quel nuovo viaggio dovevo realizzare qualcosa in cui mi sarei sentita a casa. Così abbiamo ripreso in mano questa idea, che fino a quel momento era rimasta solo una fantasia. Ho scritto a Michele e Caterina, gli editori di BAO: “Scusate, avremmo avuto questa idea. Vi dispiace se la mettiamo in mezzo?”

Oh, immagino che si siano proprio arrabbiati un sacco.

Radice – È che magari avevano già un loro planning, e noi non volevamo disturbare. Ma non è stato così!

L’elemento che mi ha affascinato di più di questo volume, sia narrativamente che visivamente è l’eleganza, perché è una storia che parla di prostitute, di un bordello. Le ragazze parlano apertamente di sesso, ci sono sequenze decisamente allusive ma che mantengono un’eleganza quasi felliniana… come avete trovate questo equilibrio perfetto?

Le ragazze del Pillar, pag. 21

Turconi – Non saprei dirti, semplicemente ci abbiamo riflettuto, ne abbiamo anche parlato, ma poi è venuto tutto in modo piuttosto naturale.

Radice – Di solito io mi chiedo: “Se fossi io il lettore, mi darebbe fastidio o riuscirei ad accettare questa scena?” Era già successo con “Il porto proibito”: l’iniziazione di Abel, da lettore mi creerebbe dei problemi? A me, sinceramente, no. Anche se è vero che io ho una predilezione per i personaggi irregolari, gli outsider, per cui magari ho una visione soggettiva e un po’ di parte. Non escludo che per qualcun altro magari non sia così.

Avevamo deciso di raccontare una storia di prostitute, quindi tutta quella parte non si può nascondere, risulterebbe forzato. Qualcuno ci ha anche scritto: “Ah, ma allora è un fumetto erotico?”. No, raccontiamo storie di prostitute, ma non è quello che vogliamo raccontare. Sono ragazze che sono in quella condizione, ma non sono quello e basta, come tutti noi con il nostro lavoro. Parte da quell’ambiente, quindi è inevitabile che certe cose si dicano e si vedano.

Turconi – Anche dal punto di vista del disegno devo dire che, leggendo fumetti, si impara quali scene sono eccessive e quali invece funzionano. Abbiamo perché ci sono cose che non abbiamo nascosto, però sai come non renderle morbose. Abbiamo trovato la giusta via di mezzo.

Dicono che le storie migliori siano quelle che ti fanno cambiare idea o mettono in dubbio le tue certezze. Io ad esempio ho un giudizio negativo sulla prostituzione, un po’ per il retaggio cattolico, un po’ per discorsi fatti con diverse amiche sullo sfruttamento del corpo. Ci spostiamo al passato e sembra quasi una figura romantica. Vi siete mai interrogati su questa cosa?

Radice – Qualcuno, parlando de “Il porto proibito”, aveva sottolineato in modo positivo la nostra rappresentazione delle prostitute, nel senso che “non erano personaggi negativi”. Io vedo ogni personaggio come una persona. Il bello delle persone è incontrarle e scoprirle, e lo steso vale con i personaggi, quindi più diverse da te sono e più risulta interessante averci a che fare.

L’anno scorso avevate svelato che la vostra prossima graphic novel parlerà dell’inverno russo e ricalcherà lo stile grafico di Rien Poortvliet. Come sta andando la lavorazione? A che punto siete?

Turconi – Abbiamo finito lo storyboard. L’ho fatto tutto a matita, schematico, molto veloce. Poi comincerò con gli acquerelli.

Radice – Sarà particolarmente potente. Credo proprio che lo vedrete a Lucca, l’anno prossimo. Noi siamo stra-felici. Quando andiamo indietro e lo riguardiamo, ci emoziona. Non vedo l’ora che lui cominci a disegnare.

Turconi – Ci siamo talmente dentro che l’altro giorno, quando lei è tornata a casa, io stavo leggendo il giornale… ma era un giornale del 1942, una copia che avevo trovato su eBay.

Radice – Ormai non mi stupisco più di niente.

Turconi – Sì, anche le lettere dei soldati…

Radice – La storia nasce da delle lettere che sono state trovate a casa mia. Il fratello di mio nonno era andato in Russia come soldato e le aveva spedite a casa. Erano le classiche lettere dell’epoca, con una scrittura sottilissima che si fa fatica a capire e con tutte le censure nere, che tra l’altro passavano attraverso i fogli di carta velina.

È tutto partito da questo ritrovamento. Forse questa storia è stata lì ad aspettare che noi la trovassimo. Poi c’è stato l’innamoramento folle per Rigoni Stern e Tolstoj. Abbiamo mescolato tutto ed è saltata fuori questa storia.

Quindi: viaggio in Russia per documentarvi. Ci siete già stati?

Turconi – Sì, ci siamo già stati. In realtà è stato il primo viaggio che abbiamo fatto assieme, quindici anni fa. Tra l’altro nei luoghi in cui è ambientato il libro, nella Carelia.

 

Teresa Radice e Stefano Turconi