In occasione del suo viaggio in Italia, ospite del Romics nello scorso week-end, abbiamo intervistato Nick Bertozzi (Chi vuole uccidere Picasso? e Il grande viaggio di Lewis e Clark) che ci ha parlato del suo ultimo fumetto appena pubblicato da Panini 9L, Gerusalemme – Un ritratto di famiglia (che abbiamo anche recensito).

Gerusalemme racconta la storia della famiglia Halaby: sono personaggi realmente esistiti o inventati?

L’intera opera è basata sulla storia vissuta dalla famiglia dell’autore, Boaz Yakin, cresciuto assieme a tanti fratelli. Molti dei personaggi hanno addirittura mantenuto lo stesso nome di battesimo della persona reale, cambiando il cognome da Yakin a Halaby. Motti, il ragazzino al centro delle vicende, è il padre di Boaz Yakin.
La maggior parte dei fatti narrati sono eventi realmente accaduti, anche se alcuni sono stati modificati o romanzati per rendere più efficace il racconto.

Hai avuto l’occasione di incontrare alcuni membri della famiglia, durante la lavorazione alla graphic novel, per ispirarti nel design dei personaggi?

No, non ne ho avuto l’opportunità: loro vivono tutti in Israele, mentre io a New York. Forse Motti, il padre, vive a New York, ma comunque non l’ho mai incontrato.

Per rappresentare i fondali di Gerusalemme come ti sei documentato? Sei andato in prima persona a Gerusalemme, hai studiato approfonditamente materiale fotografico di riferimento…?

Oh, sono lusingato, dato che non sono mai stato a Gerusalemme.
Però mi è capitato in passato di viaggiare in Africa o comunque in Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dove avevo potuto osservare molti paesaggi e rovine romane.
Comunque si tratta della mia opera più difficile dal punto di vista della documentazione, ho dovuto fare un duro lavoro di ricerca nelle biblioteche, cercando libri e riviste che mi aiutassero a documentarmi per realizzare dettagli come gli interni degli edifici o la divisa dei giudici inglesi.

 Durante la lettura sono particolarmente d’impatto le tavole nelle quali sono rappresentate esplosioni di bombe o scene di battaglia con feriti… Per realizzarle in modo così accurato hai visualizzato documentari di guerra, riprese televisive o fotografie sui campi di battaglia?

Da questo punto di vista mi ha aiutato molto il documentario bellico The War di Ken Burns, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche se ambientato in altre zone del pianeta, gli eventi mostrati in quel documentario sono avvenuti nello stesso periodo in cui si svolge Gerusalemme, per cui è stato un riferimento molto utile.
Mi è capitato di fermare il video e studiare i singoli fotogrammi, essendo materiale ripreso sul campo di battaglia le immagini avevano un effetto molto diverso dalle esplosioni hollywoodiane.
Ho visto anche un sacco di servizi e fotografie della seconda Intifada.
Il mio scopo non era quello di essere cruento, ma di rappresentare un mondo il più realistico possibile.

Prima di essere uno sceneggiatore di fumetti, Boaz Yakin è uno sceneggiatore per il grande schermo. Hai sentito che la sua sceneggiatura di Gerusalemme fosse in qualche modo influenzata da un “approccio cinematografico”, rispetto ad altri autori con cui hai lavorato in passato?

Nick BertozziAssolutamente sì, al 100%!  Mi ha preso a calci per farmi realizzare tavole che avessero il più possibile un taglio cinematografico!
Se poteste leggere la sceneggiatura vi accorgereste quanto sono evidenti le sue origini cinematografiche. Anche se ci sono molte vignette, Yakin mi ha spinto a utilizzare la “cinepresa” con una visione più ampia e più approfondita.

Viste queste caratteristiche, forse Gerusalemme era nato come un progetto per il grande schermo e successivamente Yarkin ha deciso di trasformarlo in un fumetto?

Esattamente, è andata proprio così. Yarkin lo aveva scritto per realizzarne un film, ma non riuscì a vendere l’idea a nessun produttore, perché all’epoca sarebbe costato troppo effettuare le riprese a Gerusalemme.
Ma ora, con la Computer Graphic sarebbe possibile realizzarlo anche senza girare nelle location originali. Certo, è una storia coraggiosa, un progetto che spaventa molti investitori, ma credo che un giorno potrebbe succedere. Prima o poi qualcuno vorrà girare un film da Gerusalemme e io sarò in prima fila per vedere il risultato, potrebbe uscirne qualcosa di grandioso.

Nella tua bibliografia troviamo soprattutto biografie di personaggi realmente esistiti, o comunque personaggi fittizi ma inseriti in un contesto sociale e politico ben precisi. C’è un motivo particolare?

Semplice, sono uno studente di storia.
Sono convinto che le storie vere siano le storie migliori.
Ci sono eventi realmenti accaduti che possono superare qualunque opera di finzione. Nel caso di Chi vuole uccidere Picasso? è stato sufficiente esplorare la figura di Picasso, la storia si e raccontata da sola.

Nel caso di Chi vuole uccidere Picasso? e Il grande viaggio di Lewis & Clark (le uniche tue opere pubblicate in Italia prima di Gerusalemme) sei scrittore e disegnatore. Cosa cambia nel tuo approccio ai disegni quando sei l’autore unico di un fumetto, da quando invece devi seguire le indicazioni di uno scrittore?

Oh, ritengo che la mia vera natura sia quella di autore completo, lo preferisco decisamente.
Ma mi capita spesso di lavorare con altri autori, un’esperienza comunque interessante perché mi arricchisce permettendomi di lavorare con altri artisti.
Quando invece scrivo e disegno posso prendere scorciatoie e l’intero processo è più semplice, posso disegnare più rapidamente.

Tra circa un mese uscirà in America Diabetes & Me, un libro sul diabete scritto da tua moglie Kim Chaloner illustrato da te. Si tratta di un libro decisamente diverso da tutti i tuoi precedenti lavori. Ce ne puoi parlare?

È successo che un amico fumettista volesse scrivere un libro sul diabete, dopo che suo padre si ammalò e morì di diabete. Poi non riuscì a portarlo a termine, così chiese a me di realizzarlo perché pensava fssi la persona adatta.
Lo ha scritto mia moglie, non è un fumetto, ma ho partecipato con illustrazioni, grafici e vignette. È qualcosa di molto interessante, si rivolge a bambini e genitori e si prefigge l’obiettivo di de-mistificare la malattia.

Con l’augurio di poter leggere qui in Italia molte altre tue opere, ti saluto e grazie mille per la disponibilità!

Lo spero anch’io! (ride) Grazie a voi!