Qualche settimana fa, vi abbiamo parlato, sul nostro canale Twitch, di Soldati perduti, opera di Ales Kot e Luca Casalanguida portata in Italia da saldaPress. Una storia di guerra tostissima, dalle tinte forti e dalla grande profondità psicologica, che ci ha colpiti come uno dei prodotti più interessanti dell’ultimo periodo. Non solo, come forse scontato, per la sceneggiatura di Kot, che da tempo si è iscritto al novero dei grandi dei comics contemporanei, con una voce personalissima e un quadro ideologico molto solido alla base delle sue storie, ma anche per i disegni graffianti di un disegnatore italiano non celebrato come altri colleghi che conducono una porzione importante della propria carriera Oltreoceano, ma non meno talentuoso. Grazie alla disponibilità dello staff di saldaPress abbiamo potuto rivolgere alcune domande a Luca Casalanguida, artista ben noto ai lettori, tra gli altri, di Dylan Dog, ed ecco il risultato.

 

Buongiorno Luca e benvenuto sulle pagine di BadTaste.it. Grazie mille per la tua disponibilità. Complimenti per il tuo lavoro su Soldati perduti, che ho apprezzato moltissimo e che entra di diritto tra i fumetti più bello che ho avuto per le mani quest’anno. Complimenti in particolare a te, perché rispetto a quel che ti ho visto fare sulle pagine dei tuoi lavori italiani hai saputo, mi sembra, mantenere un’identità pur adattandoti molto al genere di storia che Soldati perduti rappresenta. Molte più linee, molta più ruvidezza e quasi incertezza nel tratto per raccontare una vicenda sporca e graffiante dall’inizio alla fine. Intendo bene? E ti sei trovato a tuo agio con questo adattamento stilistico?

Soldati Perduti, copertina di Luca Casalanguida

Intanto grazie. Sì, in effetti hai colto bene la cosa. Il segno si è trasformato un po’ sia per una naturale evoluzione sia per adattarsi e seguire quello che veniva raccontato. Cercare di trasmettere quello che la storia vuole comunicare è un punto essenziale del mio modo di vedere questo lavoro. All’interno del racconto ho cercato di muoverlo e farlo andare seguendo le ispirazioni e le sensazioni che Ales mi trasmetteva con lo script.

Anche il ruolo dei colori in Soldati perduti è centrale: le pagine hanno una loro “fotografia” determinata dalle linee temporali cui appartengono, ma anche dalla connotazione emotiva del momento. Quanto hai lavorato di concerto con Heather Marie Lawrence Moore che si è occupata di colorare la storia?

Heather si è mossa autonomamente riguardo al colore facendo un lavoro eccezionale! Il suo talento mi era già noto, quindi mi sono goduto ogni volta la sorpresa e il piacere di vedere cosa faceva del mio bianco e nero.

So che sei un più che discreto fan del Fumetto americano e del mondo dei super eroi. Ricordo una tua reimmaginazione di una copertina di George Perez con Superman protagonista. Con Soldati perduti ti vediamo impegnato su un progetto decisamente indipendente, sia dal punto di vista editoriale che delle atmosfere narrative. Ti interesserebbero, eventualmente, anche impegni con gli eroi in costume oppure ti trovi bene in questa veste più indipendente? E, già che ci siamo, ci sono altri progetti in vista al di là dell’Oceano?

Lost Soldiers #5, copertina di Luca Casalanguida

Oddio, ricordi una roba vecchissima! Sì, gli eroi in costume sono stati il mio primo amore fumettistico, quindi ovviamente mi piacerebbe lavorarci su. Spider-Man, Batman, Dylan Dog… Sono dei simboli. Ognuno con le sue caratteristiche specifiche. Con Dylan il sogno si è realizzato e ricordo il colpo che è stato realizzare le prime pagine e il piacere che c’è oggi nel continuare. Lavorare con i classici eroi in costume mi piacerebbe molto, anche se probabilmente più per la parte iconica, per il me bambino, diciamo… Mi trovo molto bene nel disegnare storie ambientate nel contemporaneo. Realizzare personaggi nuovi. La cosa importante è sempre avere una storia interessante o divertente su cui lavorare al meglio. In uscita a breve ci sarebbe un lavoro fatto per BOOM!…una roba supercomplottistica sul caso JFK. Poi un lavoro per comiXology con Curt Pires su una sorta di NewAmerica…

Hai già lavorato in passato con Ales Kot, sulle storie di James Bond. Qui lo ritrovi in una veste più personale, in cui tratta temi non troppo distanti da quelli già visti in un’altra sua opera importante, Zero. Come ti trovi a lavorare con uno degli autori del fumetto odierno più riconoscibili e determinati, anche in termini ideologici, mi viene da dire?

Con Ales mi sono trovato benissimo dall’inizio. Eravamo sulla stessa lunghezza d’onda riguardo alla visione generale della storia e dei personaggi. Per il lavoro con Image abbiamo fatto un bello studio iniziale sui personaggi. Volevamo averli bene in mano prima di iniziare per poi trasformarli lungo la storia (in particolare il protagonista). Ci siamo presi il tempo necessario (credo la storia sia stata spalmata in un paio di anni di lavoro alla fine) per fare un lavoro che ci soddisfacesse.

Soldati perduti ha parecchie pagine mute, in cui la narrazione è affidata solo alla tua matita. Spesso non ci sono dialoghi, ma didascalie a guidare il lettore, altra soluzione che affida a te molta della responsabilità. Quanto sei stato incluso nella sceneggiatura o nella stesura del soggetto? Qual è stato il processo creativo tra te e Ales Kot?

Soldati Perduti, anteprima 01

La sceneggiatura e il soggetto sono totalmente di Ales. Io ho ricevuto un dossier sui personaggi e una serie di riferimenti, visivi e non, per personaggi e mood della storia. Poi, una volta definita quella parte, mi ha mandato la sceneggiatura completa del numero #1 e abbiamo iniziato a lavorare alle pagine. A meno di qualche caso particolare, mandavo ad Ales le pagine definitive già chinate.

Nella storia c’è un personaggio, forse potrei definirlo il vero antagonista, anche se non so quanto sarebbe precisa come definizione: soldato tutto d’un pezzo, veterano del Vietnam, spirito della vendetta. Non ho potuto non vederci dentro il Punisher, anche nel tratto. Quanto ti sei ispirato a Frank Castle per caratterizzare Burke?

Ah, decisamente molto. Avevo in mente da subito la sua forma estetica. Il Punitore e Burke si somigliano molto anche sotto la pelle. Mi ha sempre fatto pensare che avrebbero potuto avere una formazione comune, o anche un punto 0 comune, per poi andare alla deriva su direzioni diverse.

A proposito di ispirazioni, una domanda banale ma doverosa in questo caso: ho sentito tanti echi di artisti europei e americani dentro il tuo lavoro per Soldati perduti. Ne identificheresti qualcuno in particolare?

Una marea. Da Parlov a Jock e tutta una serie di autori che amo in mezzo. Tutti maestri del bianco e nero. Toth, Samnee, Dall’Agnol, Mari, Mignola, Albuquerque, Dell’Edera, Milazzo, Azaceta, Carnevale, Cavenago, Fegredo, Edwards, Leon, Immonen, Giordano, Zonjic, Phillips, Zaffino. E molti altri anche. Tutta gente di cui amo il lavoro e cerco costantemente di rubare loro qualcosa. Non so quanto e cosa si veda di loro il questo volume, ma di sicuro influenzano il mio lavoro in senso generale.

Grazie mille per il tuo tempo, Luca.

Grazie a voi!

 

Soldati Perduti, anteprima 02

 

 

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