In occasione della presentazione lucchese di La Madonna del Pellini, fumetto scritto da François Rivière, abbiamo intervistato l’artista del volume pubblicato in Francia da Delcourt ed edito in Italia da Star Comics: Riccardo Federici. Con lui si è parlato dell’opera, della sua carriera e delle opportunità che offre il mercato d’oltralpe.

 

Ciao, Riccardo e benvenuto su BadComics.it. Ci piacerebbe ripercorrere insieme a te la tua carriera, a partire da come ti sei appassionato alla Nona Arte fino a diventare un professionista del settore.

Grazie, un saluto a tutti i lettori di BadComics.it. Premesso che, come molti, ho iniziato a disegnare da piccolo, trasformare una passione – e lo è tuttora – in un lavoro è una cosa nient’affatto semplice. Inoltre è accaduto piuttosto recentemente. Ho iniziato come professionista nel 2005, quando la casa editrice francese Robert Laffont ha visto il mio portfolio e mi ha proposto alcune sceneggiature.

In quel momento ero in attesa di una risposta dalla Marvel, a seguito di un provino andato molto bene, ma nel frattempo era cambiato l’editor e avevo perso i contatti. Così invece di prendere la strada per l’America ho preso quella per la Francia.

Sei tuttora un lettore di fumetti?

Assolutamente sì. Leggo fumetti da sempre, ma sono sempre stato un lettore atipico: non seguo una serie o un personaggio, piuttosto l’artista che li disegna. È senza dubbio una deformazione professionale, ma leggere e fare fumetti mi viene naturale. Sono cresciuto con un padre fedele appassionato di Tex, come di altre celebri serie Bonelli, e forse per osmosi è riuscito a trasmettermi qualcosa.

Dicevi che in un fumetto guardi prima di tutto chi lo ha realizzato: chi ti ha più ispirato o influenzato?

Nel mio lavoro cerco di non farmi influenzare più di tanto, ma osservo tutto ciò che ho la possibilità di reperire. Sono convinto che si possa sempre imparare da chiunque, anche da artisti meno noti. Non lo nascondo: ho le mie preferenze, come Enki Bilal, Esad Ribic, un caro amico come Lucio Parrillo, Simone Bianchi e altri ancora. Sono tutti grandi artisti, non sono solo disegnatori di fumetti, ma illustratori e pittori.

Veniamo a La Madonna del Pellini, un’opera notevole in cui emerge uno stile dettagliato, potente e pittorico. Sembra l’ideale per i gusti del mercato francese. Hai affinato e coltivato questo approccio per entrare in sintonia con il fumetto d’oltralpe, oppure è sempre stato nelle tue corde?

La Madonna del Pellini, disegni di Riccardo FedericiTi ringrazio. Guarda, il mercato francese è molto vario, ed è difficile catalogarlo: si va dall’underground al grottesco, al realismo e altro ancora. Inoltre è molto esigente tuttavia, nel tempo, mi ha offerto la possibilità di esprimermi liberamente.

Attualmente sto lavorando al terzo volume di Saria, di Jean Dufaux, distribuito in Italia da Panini Comics. Il primo è illustrato dal maestro Serpieri, mentre il secondo e quest’ultimo sono miei.

Qui per esempio ho voluto essere ancora più pittorico. Sicuramente non è una serie commerciale, ma in Francia le bande dessinée ospitano tanta varietà, cosa che permette un po’ a tutti di esprimersi.

Tornando a noi, è stata una mia scelta quella di realizzare La Madonna del Pellini in quel modo. Non si ha sempre questa libertà, ma i miei editori francesi, prima Laffont e poi Delcourt, mi hanno voluto dare fiducia.

Quali sono, secondo te, le principali differenze con il mercato italiano?

Gli editori francesi sono prima di tutto imprenditori. Parliamoci chiaro: il loro primo obbiettivo è vendere, come del resto lo è anche per quelli degli altri Paesi, ma sono particolarmente attenti alla varietà, perché è questo che vuole il loro pubblico. Cercano e lavorano con autori di tutti i tipi e sono sempre disponibili ad accogliere diverse proposta.

Questo – ripeto – offre agli artisti e agli sceneggiatori una miriade di opportunità, oltre alla possibilità di veder realizzato il proprio progetto creativo, anche se lavorare nel mercato franco-belga non è proprio una passeggiata. In Italia siamo più rigidi e tradizionalisti. Inoltre credo che i lettori siano più legati al personaggio o alla serie, mentre quelli francesi lo sono agli autori.

Che consiglio daresti a un giovane autore che intende approcciarsi alla realtà transalpina?

La Madonna del Pellini, disegni di Riccardo FedericiNonostante quanto affermato finora, gli direi di non mostrarsi troppo estroverso o estroso, ma di prestarsi alle esigenze dell’editore mostrando grande professionalità. Sono doti molto apprezzate ovunque, ma soprattutto in Francia.

Quando parlo di professionalità non mi riferisco solo ai tempi di consegna, ma anche alla narrazione, alla capacità di raccontare per immagini e alla fluidità della lettura. È la prima cosa che guardano gli editor francesi, dopodiché prestano attenzione ai disegni.

Come giovane autore vieni considerato una scommessa su cui investire e in cambio devi dimostrare di essere in grado di sostenere questa scommessa. Una volta che hai conquistato la loro stima e la loro fiducia, puoi anche proporre altro, dimostrare loro che puoi fare cose differenti.

Il mercato francese non è poi solo editoria, ricordiamolo. È anche legato alle tavole e agli originali: un ritorno economico non indifferente quando si è ammirati dai lettori.

Torniamo alla tua ultima pubblicazione, La Madonna del Pellini: come sei stato coinvolto nel progetto?

Ci tengo a dire che ho appreso dell’edizione italiana di La Madonna del Pellini, da parte di Star Comics, all’ultimo Comicon e la cosa mi ha fatto un enorme piacere. Premesso questo, l’opera originale è un’idea dello scrittore francese François Rivière, che non fa solo fumetti, è anche saggista e romanziere. È uscita nel 2010 in Francia per Delcourt in due volumi ed è un thriller con elementi fantastici, sovrannaturali. François e l’editor volevano uno stile grafico un po’ dark e dopo aver visto i miei lavori mi hanno contattato.

Quanta libertà creativa ti è stata concessa nella realizzazione?

La cosa bella è che ho avuto piena libertà dal punto di vista della regia. La sceneggiatura descriveva la scena in maniera molto concisa e mi lasciava piena scelta dell’inquadratura. Ho potuto aggiungere anche diverse vignette che non erano inizialmente previste, così da dare più corpo e spazio alla narrazione assecondando i miei gusti.

Posso svelarvi una curiosità: le ultime otto pagine del secondo capitolo sono state riscritte da me. Ritenevo che il cattivo della situazione uscisse di scena in maniera poco eclatante. Ho chiesto e ottenuto la possibilità di allungare di due tavole la storia e di rivederne alcuni punti. Per cui le ultime otto pagine sono mia assoluta responsabilità: se non piacciono e solo colpa mia! [ride]

Cosa ti ha colpito di più quando ti è stato proposto il soggetto?

All’inizio ero un po’ preoccupato per l’epoca in cui è ambientato, l’Ottocento. Non è un periodo storico che mi piace particolarmente e sapevo che avrei dovuto studiare, documentarmi parecchio. Però sono stato affascinato dal tipo di ambientazione un po’ cupa, che prediligo. In realtà quando sono stato contattato dalla casa editrice, mi sono state proposte ben tre sceneggiature e mi è stato chiesto di sceglierne una per il provino. Ho scelto subito questa, quindi devo dire che c’è stata una sintonia immediata.

A proposito della documentazione e di ciò che offre il web oggi: dove e come hai reperito il materiale di riferimento? Facendo il navigante su internet o il topo di biblioteca?

Diciamo che a differenza di Saria, che comunque è ambientata in una città speciale come Venezia, La Madonna del Pellini ha un substrato decisamente più storico, quindi ho fatto più il topo da biblioteca.

Per gli interni mi sono invece rivolto a riviste del settore, mentre per i costumi sono andato a spulciare in una marea di film, alcuni anche un po’ noiosi, ma che mi sono stati molto utili. In un film hai la visione tridimensionale di un soggetto, a differenza di un’immagine sul web o di un libro. Naturalmente ci ho messo anche po’ di fantasia, soprattutto per gli sfondi architettonici: ho studiato Architettura e la cosa mi ha aiutato.

E per le fattezze dei personaggi?

Per quanto riguarda i personaggi, uno dei protagonisti, lo scrittore Henry James, è realmente esistito ed è uno dei maggiori esponenti del Realismo del XIX secolo, per cui mi sono rifatto a ritratti dell’epoca. Per l’eroina di turno mi sono ispirato un po’ a Scarlett Johansson, soltanto per alcuni elementi del viso, mentre per le altre figure mi sono abbandonato ai miei gusti personali, non avendo descrizioni dettagliate.

Passiamo a tuoi progetti futuri. Dicevi che sei attualmente al lavoro sul terzo volume di Saria: puoi svelarci cos’altro ti aspetta?

Ho un paio di progetti al vaglio con la casa editrice francese Glénat. Non so ancora se andranno in porto, ma la cosa che mi fa molto piacere è che l’editore e gli sceneggiatori coinvolti stanno preparando qualcosa di specifico per me, perché mi possa esprimere con grande libertà.

La tua intenzione è quindi quella di proseguire il tuo cammino nel mercato francese, oppure la porta è aperta ad altre realtà, per esempio quella americana che hai mancato per una fatalità?

In realtà per il mercato americano ho già lavorato su una serie di illustrazioni raccolte per il videogioco Diablo 3 della Blizzard. È un tipo di mercato che mi interessa non solo per il fumetto, ma anche per le possibilità che ti offre nel cinema.

Ho partecipato a un concorso indetto dalla Industrial Light & Magic, compagnia esperta in effetti speciali – tra cui quelli di Star Wars – e incentrato proprio sugli episodi IV, V, VI di Guerre Stellari. Su 3.800 partecipanti mi sono classificato 4°: l’unico cretino che ha fatto tutto a mano… quando il contest era sponsorizzato dalla Wacom!

Sono comunque contentissimo per il risultato e per il premio assegnatomi. Sto prendendo contatti anche per la realizzazione di copertine di serie legate alle grandi case editrici americane. Vediamo che sarà… incrociamo le dita.

C’è un fumetto che vorresti consigliare ai lettori di BadComics.it?

I momenti liberi per leggere sono sempre meno in questo periodo della mia vita per via i carichi di lavoro. Posso comunque consigliare – soprattutto a chi aspira a diventare un disegnatore di fumetti – quegli autori caratterizzati da un tipo di narrazione anticonformista, come Enki Bilal, dai tagli estremamente cinematografici, come Theo Caneschi – bravo a disegnare e raccontare – e poi i classici italiani; nel nostro Paese ci sono nomi straordinari, come il maestro Paolo Eleuteri Serpieri, Claudio Villa… c’è l’imbarazzo della scelta.