In occasione dell’esordio di Black Rock, la terza delle quattro serie Wilder originali, abbiamo intervistato gli autori Dario Sicchio (testi), Jacopo Vanni (disegni) e Francesco Segala (colori), che ci hanno parlato della loro storia.

 

Ciao, ragazzi e benvenuti su BadComics.it!

Sicchio – Vi ringrazio di averci ospitati.

Vanni – Ciao a tutti i lettori.

Segala – Ciao!

Il primo capitolo di Black Rock ci ha proposto una storia molto originale: quali sono le origini segrete dietro la nascita di questa serie? Cosa ne ha ispirato la genesi?

Black Rock, copertina di Jacopo Vanni e Francesco SegalaSicchio – Tutto è nato quando Jacopo Paliaga mi ha contattato parlandomi del progetto Wilder e chiedendomi se avessi voluto proporre una serie per il sito. Io ho iniziato semplicemente a pensare a una storia che mi sarebbe piaciuto raccontare, inserendoci tutti quegli elementi che in altri contesti non mi sarebbe stato possibile esplorare. Così è nata Black Rock. Troppo banale? Provo a rifarmi con un paio di aneddoti.

Un retroscena divertente riguarda ciò che accadde dopo che inviai il primo soggetto preliminare; visto che si trattava di un pitch piuttosto scarno, che alludeva a una trama più articolata, mi chiesero di scrivere anche una proposta “un po’ più dettagliata” (cit.). Una decina di giorni dopo gli è piovuta addosso una vera e propria bibbia completa della serie lunga ventitré pagine. Lì ho sentito che la mia vita era in pericolo. Non sapevano che stavano parlando con l’uomo più prolisso del mondo.

L’ultimo aneddoto che mi viene in mente sulla nascita di Black Rock riguarda il titolo. Inizialmente avevamo optato per “Frontier”, ma subito dopo l’inizio dei lavori sono stati annunciati un fumetto di Jonathan Hickman e una serie televisiva con Jason Momoa con lo stesso titolo, per cui siamo stati costretti a cambiarlo. Maledetti.

Non è sicuramente facile spiegare in poche parole la trama di questa serie, ma vi chiediamo comunque di provarci: di cosa parla Black Rock?

Sicchio – Come dicevo prima, le “poche parole” non sono il mio forte, ma farò del mio meglio. Black Rock è una serie di genere western soprannaturale in dieci episodi.

È la storia del Villaggio, un luogo misterioso nel mezzo del nulla in cui le persone non contano, se non per il ruolo che viene loro assegnato fin dalla nascita. La comunità si regge sulla collaborazione strettissima dei suoi componenti e la sussistenza autonoma (o presunta tale) della cittadina è ciò per cui i suoi abitanti vivono e lavorano. L’intera cittadina è circondata da un enorme e assolutamente invalicabile cerchio di cenere, sul quale vigila l’impenetrabile figura del Guardiano. Quest’uomo ha il compito di mantenere intatto il fragile equilibrio della cittadina e di difendere gli abitanti del Villaggio dai pericoli che li assediano al di là della Frontiera. Oltre questo confine vivono degli esseri divini, chiamati semplicemente “Loro”, che sembrano manifestarsi contestualmente all’apparizione di strane e oscure Montagne Nere.

Al centro della serie non ci sono solo i misteri del Villaggio, ma anche e soprattutto i personaggi; in particolare, il Guardiano, il suo ruolo e il peso che questa enorme responsabilità ha su di lui. Uno dei temi centrali della serie è: si può essere un’autorità assoluta in un contesto tanto ristretto e disperato, senza trasformarsi in un carceriere?

La storia ci ha presentato una ristretta società western nella quale ognuno è definito dal ruolo che svolge: cosa potete dirci riguardo al Guardiano e agli altri protagonisti di Black Rock?

Sicchio –  Nella tua domanda c’è una parola chiave per parlare di questo aspetto: “società”. La totalità delle vite degli abitanti del Villaggio è focalizzata sui doveri imposti dalla società – appunto – in cui si trovano. Ognuno deve fare la sua parte per il bene della comunità.

In questo scenario, il Guardiano ha un compito incredibilmente gravoso: lui è il tutore della salvaguardia di tutti i suoi cittadini. Un compito che talvolta lo porta a grandi sacrifici e a scelte apparentemente disumane. È un uomo misterioso e autoritario, ed è schiacciato da una responsabilità incredibile. Parla molto raramente e quando lo fa sceglie le parole con parsimonia. È un personaggio molto impegnativo da scrivere, perché deve comunicare molto con il minor numero di parole possibili. In questo senso sono stato fortunato a trovare Jacopo come disegnatore, dato che è in grado di donare grande espressività ai personaggi, rendendo il mio lavoro molto più semplice.

La Ragazza è la sua aiutante ed è una giovane piena di energie che fa le veci del Guardiano nel Villaggio mentre lui è fuori a sorvegliare la Frontiera. È quasi l’opposto del suo mentore: parla moltissimo ed è estremamente energica.

Potrei andare avanti per ore visto che nel Villaggio abitano molti altri personaggi interessanti; e poi ci sono i due ospiti più misteriosi di questa cittadina, ovvero l’Uomo che Piange (lo strano spettro le cui manifestazioni tormentano i cittadini) e l’oscura voce che il Guardiano sembra sentire nella sua mente. Per non parlare di tutto ciò che sta al di là della Frontiera. Black Rock è davvero entusiasmante da scrivere, spero lo sia anche da leggere.

Cosa potete dirci della character design dei personaggi principali della storia? A cosa vi siete ispirati maggiormente? C’è qualche curiosità o retroscena che vi va di condividere con noi?

Vanni – Devo dire che Dario ha avuto le idee ben chiare fin dall’inizio, e oltre che essere un ottimo sceneggiatore è anche un fantastico direttore d’orchestra. Ho potuto spaziare molto e divertirmi. Con un punto fermo come lui, ho dei binari nei quali stare, ma scelgo io il treno su cui viaggiare. Questo è valido per ogni aspetto di Black Rock, anche per lo studio dei personaggi. Ha fatto intendere come voleva che fossero e io ho cercato di rispecchiare a pieno le sue aspettative.

La cosa che mi piace di più è che al di là dell’aspetto fisico, dell’indirizzamento verso qualche attore e di qualche dettaglio sul vestiario, ciò che Dario mi chiede veramente è l’aspetto psicologico di ogni personaggio. Vuole che attraverso ogni figura traspaia un po’ della sua storia.

Tutto questo mi ha aperto un panorama ben più vasto: a volte non ha semplificato le cose, ma di certo ha dato tutta un’altra musica, e ha gettato più inchiostro nero su alcuni di loro proprio per evidenziare il lato negativo che accomuna parte degli abitanti di questo ultimo baluardo dell’umanità.

A minacciare l’incolumità dei protagonisti sembra siano in arrivo misteriosi e oscuri villain. Cosa potete anticiparci al riguardo?

Sicchio – Molto poco. Tutto quello che sappiamo per ora è che gli abitanti del Villaggio vivono nel timore di misteriose entità al di fuori dei loro confini. Non si sa nulla di questi fantomatici “Loro”, se non che vivono nelle cosiddette Montagne Nere, una catena montuosa composta di roccia nera, in grado letteralmente di spostarsi. Queste montagne sono il Loro nido e la Loro fortezza mobile. Tuttavia c’è una sorta di fragile equilibrio fra i cittadini e queste entità. Al Villaggio giungono periodicamente i Pellegrini, esseri del tutto simili agli umani che sono però al servizio delle Entità e che non sembrano affatto minacciosi; anzi, portano ciclicamente offerte e provviste al Villaggio. Ma questo equilibrio nasconde dei segreti terribili, ed è destinato a incrinarsi.

Basta. Non dirò un’altra parola (altrimenti gli altri mi uccidono).

I personaggi di Black Rock si muovono in un luogo circoscritto, una cittadina costruita in modo particolare con al centro una roccia che ovviamente rimanda al titolo: come avete deciso di costruire questo mondo? A cosa vi siete ispirati?

Sicchio – Su questo fronte, Jacopo ha fatto davvero un gran lavoro, dato che il Villaggio non è solo lo scenario della storia, bensì una parte essenziale del suo sviluppo. L’idea era quella di creare un setting chiuso, che desse un senso di isolamento e protezione al tempo stesso, che fosse unico e avesse una forte riconoscibilità. L’architettura del posto doveva essere molto spoglia e funzionale, dato che il fulcro della società del Villaggio sono il lavoro e il rispetto di certe regole, e doveva avere caratteristiche prese da più culture, visto che gli abitanti della cittadina provengono (come vedremo anche meglio in seguito) da vari luoghi ed estrazioni; per cui troviamo dimore di legno in tipico stile di frontiera, case da pueblo messicano, assieme a tende e strutture tipiche dei nativi americani. Il tutto inserito in una struttura urbanistica semplice, con un centro (la Piazza della Roccia Nera) dal quale si dipanano delle vie a raggiera che conducono all’esterno.

Insomma, volevamo dare l’idea che il villaggio si fosse ingrandito per accrescimento man mano che la popolazione aumentava, in maniera naturale, ma non studiatissima, partendo da un centro. Ma c’è ancora molto da vedere dell’ambientazione di Black Rock, e saranno proprio i dettagli a raccontare parte della storia sottesa di questa serie.

Vanni – L’illuminazione per disegnare la cittadina è arrivata casualmente, dopo che un mio titolare è stato via, a Pompei, e ha messo come immagine del profilo su WhatsApp una delle vie della città. Ecco, quella foto ha dato l’ispirazione per quella che è stata la rappresentazione delle due vie principali del Villaggio.

Ovviamente, Dario mi aveva fornito delle reference, oltre che la piantina dell’intera zona, ma mancava un collante, un qualcosa che riuscisse a mettere insieme quei tasselli ricchi di informazioni.

La colorazione di Black Rock è onestamente entusiasmante e in grado di creare la giusta atmosfera. Quanto è importante il colore in questa serie e quanto lavoro richiede trovare la giusta tonalità cromatica?

Segala – I disegni di Jacopo già da soli danno un’enorme espressività al racconto. Il mio lavoro è stato innanzitutto capire che tipo di atmosfera avrebbe avuto la serie, facendo svariati test su una singola tavola per capire quale funzionasse meglio. Le ispirazioni sono state varie, da Sergio Leone a Westworld, da Red Dead Redemption ad American Vampire e Mad Max. La scelta finale è stata quella di un compromesso tra un colore più realistico ed uno prettamente “grafico”.

Per quanto “ridotti”, gli ambienti nel primo episodio sono comunque piuttosto vari, quindi serviva qualcosa che fosse insieme “famigliare” per il setting della storia e in grado di introdurre gli elementi più soprannaturali (e allucinati) della serie in maniera coerente.

Sin dal primo capitolo appare abbastanza chiaro che luce e oscurità rivestono un ruolo chiave nella storia. Confermate? Che tipo di studi e riflessioni avete fatto al riguardo?

Vanni – Io non posso fare altro che ringraziare Francesco. I suoi colori non solo calzano a pennello con quelli che sono i toni della storia, ma hanno alzato il livello di ogni mia tavola.

Ci sono vignette di cui non ero pienamente convinto, sulle quali sarei voluto tornare – poi ovviamente le tempistiche sono quelle che sono (e sono anche un perenne insoddisfatto) – ma una volta che Francesco ci metteva le mani, be’, a me sembrava tutto uno spettacolo.

Diciamo che dopo qualche assestamento iniziale, sempre sotto la supervisione del sommo Dario Sicchio, mi sono sentito come se io, Franchino, avessi trovato il mio Ricky LeRoy. Spero che anche ai lettori arrivi questa grande botta.

Segala – Considero il cielo come se fosse un personaggio della storia. Scandire gli orari della giornata attraverso la colorazione è stata una delle prime indicazioni che Dario mi ha dato, quindi ho cercato di dargli lo spessore che meritava. L’alba, l’afa, la notte: non a caso i colori del cielo sono spesso molto più accesi e forti rispetto a quelli dei personaggi.

Cosa devono aspettarsi i lettori nel futuro prossimo e remoto di Black Rock?

Sicchio – Be’, dire che le cose precipiteranno tremendamente mi sembra abbastanza ovvio, e dire che rimarrete spiazzati suona presuntuoso. Per cui non dirò nulla. Ci sono però alcune sorprese che non vediamo l’ora di annunciare, soprattutto riguardo i nomi di altri autori che probabilmente lavoreranno ad alcuni episodi speciali di questa serie nel prossimo futuro. Siamo davvero emozionati!

Vanni – Nonostante sia un western, scordatevi i cavalli. Zero proprio. Vacche sì, cavalli no.

Segala – Mucche morte (si può dire?)! Seriamente, per quanto mi riguarda sarà interessante approfondire gli abitanti e i loro scopi nella comunità. Guardare il formicaio sapendo che potrebbe succedere qualsiasi cosa da un momento all’altro.