In occasione dell’esordio di Elliot, la seconda delle quattro serie Wilder originali, abbiamo intervistato gli autori del titolo, Jacopo Paliaga (testi), Ludovica Ceregatti (disegni) e Adele Matera (colori), che ci hanno parlato della loro storia.

 

Ciao, ragazzi, e benvenuti su BadComics.it.

Paliaga – Ciao!

Ludovica – Un saluto a tutti i lettori di BadComics.it!

Matera – Grazie di averci ospitato sul vostro sito.

Andiamo subito al sodo: chi è Elliot?

Paliaga – Elliot è un ragazzino come tanti: quasi tredici anni, bravo a scuola, appassionato di videogame, impacciato con le ragazze e in possesso di inquietanti superpoteri. Da quanto ne sappiamo, è l’unica persona al mondo dotata di capacita straordinarie. Per quantificare la sua forza, me lo sono sempre immaginato come un “Superman al cubo”.

A cosa vi siete ispirati per la realizzazione del character design di Elliot?

Ceregatti – Per il character design di Elliot c’è stato, come per tutto il resto, un bel gioco di squadra tra me e Jacopo: lui mi ha detto come se lo immaginava e io ci ho lavorato sopra apportando poi qualche cambiamento. E alla fine… voilà, ecco il nostro Elliot!

Cosa vi ha fatto scegliere di ambientare la serie in Inghilterra?

Paliaga – A parte l’irriducibile fascino british, la Gran Bretagna di Elliot è assolutamente contemporanea, una nazione che sta mutando così come il nostro protagonista. Londra avrà un ruolo chiave in tutta la faccenda, non sarà semplicemente una scenografia nella quale far muovere i personaggi. Andando avanti con la lettura capirete perché questa serie non l’avrei potuta ambientare da nessun’altra parte.

Già nel primo capitolo vediamo alcuni scenari metropolitani con protagonista Londra, in particolare vista “dall’alto”: che sfida rappresenta disegnare una città così iconica?

Ceregatti – Le prospettive così ampie sono sempre una bella sfida per me, ma in questo caso, proprio perché è una città iconica, mi è bastato avere una foto accanto e riprodurre il più fedelmente possibile i palazzi rappresentativi di Londra, e poi accennare solo agli edifici attorno.

Sia Aqualung che Elliot hanno per protagonisti due ragazzi che si trovano ad avere non solo straordinarie abilità, ma anche pesanti responsabilità: in cosa sono simili i due, e in cosa, invece, differiscono?

Paliaga – Sicuramente nell’approccio alle responsabilità: Holly è più matura, è più grande, e con il passare dei capitoli di Aqualung questa differenza di età (e di testa) si vede. Elliot ha appena tredici anni, e il suo approccio ai propri poteri e alle responsabilità che ne conseguono non sarà affatto maturo e ragionato.

Una cosa che accomuna Holly e Elliot, invece, è la situazione familiare che vivono, differente per molti aspetti, ma determinante nelle scelte dei protagonisti.

Quando il protagonista compie il suo “primo volo”, la sua maglietta si alza apparendo quasi come un mantello. É una semplice casualità?

Caregatti – In realtà, si, è una casualità: la sua maglia si alza solo per colpa dell’aria.

Già nella prima sequenza del primo capitolo di Elliot, possiamo notare come ci sia un momento alla Black Mirror: che ruolo rivestirà la tecnologia in questa serie?

Paliaga – Più che un momento alla Black Mirror, direi un momento assolutamente normale. Se un ragazzino volante apparisse nel centro di Milano, davanti a tutti, credo che il 90% dei passanti riprenderebbe la scena con lo smartphone. Non cerco un ruolo ben preciso per la tecnologia nelle mie storie, ma tento di amalgamarla al quotidiano dei personaggi.

Anzi, a dire il vero, il tredicenne di oggi non caricherebbe mai un video su YouTube, ma lo butterebbe su Snapchat. Visivamente, rendere riconoscibile Snapchat è più difficile rispetto a YouTube: l’impatto sarebbe stato differente, meno immediato, quindi abbiamo optato per una piattaforma conosciuta da tutti.

Ludovica, il tuo stile di disegno evidenzia una notevole sintesi tra il tratto europeo e quello tipico dei comics supereroistici americani: chi sono gli artisti che ti hanno ispirato maggiormente nella tua evoluzione professionale?

Ceregatti – La migliore a cui posso aspirare è Sara Pichelli, che per me rappresenta qualcosa di perfetto e irraggiungibile; ma non c’è una vera e propria lista, cerco sempre nuovi disegnatori da guardare e da studiare (e amare) per cercare di migliorare la mia sintesi.

Studio soprattuto molti animatori per i movimenti dei personaggi e le espressioni.

Il colore riveste un ruolo molto importante in Elliot, è un ingrediente fondamentale dal punto di vista emotivo: Adele, ci parli del processo di lavorazione della colorazione?

Matera – La parte tecnica del processo di lavorazione è molto semplice, in realtà: una volta letta la sceneggiatura, dopo aver guardato le tavole e aver definito le varie atmosfere, inizio a mettere le basi e le varie ombre.

La difficoltà sta nel rendere d’impatto tutte le scene con la sola forza dell’accostamento dei colori (anziché con luci, effetti, ecc…), usando tinte calde per ambienti caldi – tipo la casa di Elliot – o colori freddi per ambienti freddi – come Londra – o comunque alternando contrasti cromatici per staccare i vari piani e/o ambienti. Lo stesso discorso viene applicato a scene d’azione o emozionali.

Abbiamo optato per una colorazione non usuale o reale che, anche se tecnicamente semplice, è comunque molto forte d’impatto e, per riprendere le tue parole, di importante carica emotiva.

Quale sarà il cammino di Elliot, tra presente e futuro?

Paliaga – Non voglio anticiparvi nulla. Posso solo dire che a ogni numero cambieranno le carte in tavola e che, alla fine della miniserie, il protagonista si sarà allontanato parecchio dal percorso che il lettore avrebbe potuto immaginare nelle prime battute del primo capitolo. Ad ogni modo, aspettatevi l’inaspettato: cercheremo di sorprendervi sempre con colpi di scena, situazioni e scenari poco intuibili.

Elliot, copertina di Ludovica Ceregatti e Adele Matera