Doppio petto molto elegante ed occhiali dalla montatura spessa, David O. Russell è il regista come lo si rappresenta solitamente: calmo e riflessivo ma determinato e volitivo. Mette le persone al proprio posto, all’ultimo non vuole la traduzione in cuffia e chiede alla traduttrice di lasciare la cabina per la simultanea e sedersi accanto a lui; risponde a certe domande per decine di minuti ad altre in una parola; dice quel che vuole più che quel che gli viene chiesto.

Insomma sa quello che vuole e quello che vuole fare ed è talmente emotivo nel suo esprimersi da risultare immediatamente simpatico.

Arrivato a Roma per American Hustle ha dimostrato quello che si sa di lui, ovvero che una travagliata storia personale che lo ha tenuto lontano dai set tra il 2004 e il 2010, influenzandone vita e cinema da quel momento in poi.

 

 

 

Forse per questo invece che intendere le interviste e le conferenze stampa come promozione pura (atteggiamento tipico degli americani) sembra intenderle come momento di scambio personale. Quasi intimo.

Dopo Three Kings e I heart Huckabees ho perso la mia strada. Non sapevo più perchè raccontavo storie e come lo facevo. Ho un figlio bipolare e stavo quasi sempre con lui a cercare la scuola giusta o la musica giusta per lui, poi ho divorziato e sono finito in bancarotta… E’ stato un periodo terribile che mi ha messo in ginocchio e mi ha fatto pensare molto. Ad un certo punto di American Hustle Irving [il vero protagonista del film, interpretato da Christian Bale ndr]dice che non bisogna fare le cose dalle orecchie in su ma dai piedi in su. Io trovo Irving un genio ma non il personaggio, proprio la persona reale a cui è ispirato, uno che vive per istinto e non razionalmente. I miei ultimi tre film sono stati su persone così. Ora so che amo il mondo di queste persone tanto quanto le loro storie, mi piace tutto di loro. E’ stato un grande cambiamento derivato da quel che mi è capitato nella vita.

Tutto si basa su una storia vera ma è molto romanzato come si conviene. Quindi alla fine che c’è di vero in questa storia?

Se ti dicessi cosa c'è di vero sarebbero tutte le parti relative ai temi di sopravvivenza, reinvenzione e perdita personale. Uso la storia come un fuoco che motiva queste istanze. Ma se andassimo proprio nel dettaglio di cosa è vero non ci credereste, sono le cose più assurde. Ad esempio il fatto che il mafioso interpretato da Rober De Niro parlasse arabo e che se ne uscì a sorpresa è vero.

Lei riesce a far fare ad attori molto importanti scelte molto rischiose. Come li convince?

Gli attori accettano questi personaggi rischiosi perchè sanno cosa è accaduto a me e quindi capiscono che quel che racconteremo sarà tutto vero. Poi hanno visto i miei altri film, ne hanno letto le sceneggiature [quella di Il lato positivo girava da prima che iniziasse a lavorare su The Fighter ndr] o addirittura ci hanno recitato e quindi si convincono. Per questo film poi sono tutti attori che dopo aver lavorato con me volevano fare un altro film assieme, dunque ero io a cercare dei ruoli al loro livello, era come se loro facessero il provino al ruolo che gli proponevo.

La musica è sempre molto importante nei suoi film ma questa volta anche di più del solito…

Si più faccio film più diventa centrale. Questo film ha sicuramente più canti e balli di qualsiasi altro abbia mai fatto. Questo è il cinema che voglio fare, è come se mi fossi sempre preparato a fare film su queste persone, la musica del loro linguaggio, del loro amore e del loro incanto.

In questo caso c’è musica anche nella sceneggiatura, come la comparsa del brano di Duke Ellington (uno dei miei preferiti in assoluto, Jeep’s blues) e il fatto che i due personaggi siano legati dalla sua scomparsa. Inoltre come mi piace usare attori molto noti in ruoli molto inusuali, alla stessa maniera mi piace prendere canzoni molto note e usarle in maniera poco convenzionale (l’ho fatto qui con Live and let die).

Anche se la cosa più strana riguarda il brano della Electric Light Orchestra, una band nota per il california sound ma di cui avevo scoperto che negli anni ‘60 aveva tutto un altro sound, molto più beatlesiano. Così ho messo un loro brano chiamato Overture 10538. Per poterlo usare ho fatto vedere il film a Jeff Lynn, il leader della band, e lo ha talmente amato da offrirci dei brani mai pubblicati di quel periodo lì (Long black road, Claire to lune e Stars). Quindi alla fine ho avuto esattamente il sound che desideravo e in più anche delle canzoni inedite!