Grande protagonista del secondo giorno di Festival di Venezia, Marriage Story è la dramedy di Noah Bambach che racconta il matrimonio (anzi, il divorzio) di un uomo e una donna di spettacolo interpretati da Adam Driver e Scarlett Johansson.

Li incontriamo insieme a un gruppo di giornalisti poche ore dopo la presentazione alla stampa del film (che uscirà in sala e successivamente su Netflix a dicembre), insieme a Laura Dern, che interpreta lo spietato avvocato di uno dei due.

Scarlett, cosa pensi che racconti di vero e realistico questo film sul matrimonio e sulle relazioni?

Penso che questa storia dipenda molto dalle circostanze del rapporto tra i due protagonisti. Sono due persone giunte alla fine della loro intimità e del loro rapporto, giunte a un punto di rottura. Hanno l’esigenza di reagire, e lei in particolare sceglie la vita. Per farlo, deve necessariamente rompere questo legame. Ovviamente lei vede in suo marito una persona che ama tantissimo e che ormai conosce benissimo, ma riconosce che anche lui sta morendo in questa relazione. È necessario intraprendere un’azione che faccia il bene di entrambi, e lei forse è più preparata di lui. La cosa che mi ha intrigato di più, che ha parlato di più al mio cuore, è l’amore che queste persone hanno l’una per l’altra, è questo che conquista di Marriage Story. Alla fine, i protagonisti si guardano con gli occhi di due persone compassionevoli. È un viaggio incredibilmente difficile per loro, e hanno il coraggio di intraprenderlo, con l’obiettivo di raggiungere una conclusione positiva. Per farlo devono lavorare insieme, basandosi anche sull’amore che hanno per loro figlio (che infatti è la loro priorità). Questi sono gli elementi reali e realistici alla base del film.

Baumbach, sembra che lei abbia una conoscenza diretta del tema. Quanto di autobiografico c’è in questo film?

Beh, senza dubbio c’è qualcosa di molto personale: i miei genitori divorziarono quando ero un teenager, e a mia volta ho divorziato. Tuttavia quando ho iniziato a pensare al soggetto ho raggiunto gli attori prima ancora di finire lo script perché volevo coinvolgerli nella scrittura. È una storia così ampia, che coinvolge così tante famiglie, che mi sembrava vitale confrontarmi con le persone, con amici prima ancora che con collaboratori. Poi ho parlato con avvocati, mediatori, giudici, e ogni volta ritornavo dagli attori e dicevo: cosa diresti di più su questa vicenda, ora che ho saputo questo nuovo aspetto? È una storia che ha iniziato a espandersi pian piano, c’è una famiglia che deve rimanere unita anche se si sta separando, per il bene del figlio. Paradossalmente è quasi una commedia romantica. Quando arriva il mediatore, invece, diventa quasi un thriller, un procedurale… e poi è anche un musical… Insomma è una storia molto universale, perché alla fine è una storia d’amore. Non immaginavo, quando ho iniziato a lavorarci, che avrebbe raggiunto una vastità simile.

Driver, è un film in cui ci sono molte scene di litigio. Dal punto di vista del personaggio che “subisce” la decisione della moglie, qual è stata la scena emotivamente più difficile? Quella della litigata nella casa a Los Angeles?

Se ricordo bene, la settimana prima di iniziare a girare abbiamo letto tutte le scene e le abbiamo provate, e la scena del grosso litigio in casa è stata quella cui è stato deciso di dedicare ben due giorni di lavorazione. Per fortuna sapevamo che dovevamo dare moltissima importanza a quella sequenza. L’abbiamo suddivisa in elementi importanti, le frasi da dire, i gesti da fare, come far evolvere la discussione, come far percepire la presenza del bambino al centro di tutta la litigata… In questo senso, lo script era al centro di tutto. È stata una scena difficilissima, in molti film leggi lo script e sai che ci saranno alcune scene complicate, e nel caso di quella scena l’abbiamo intuito subito. Tuttavia va sottolineato che nell’intero film non c’è stata una scena molto più complicata delle altre: anche scene che sembravano molto semplici, poi scoprivamo che erano molto difficili da girare e da interpretare!

Laura Dern, c’è un momento nel film in cui il suo personaggio fa una tirata sul maschilismo e sul ruolo della donna nella società. Quanto c’è di suo in questo monologo, e come considera il suo personaggio nel film?

Sono tutte parole di Noah, è un monologo incredibile sulla visione complicata della maternità oggi come oggi, e su come le donne pensano che le madri debbano presentarsi al mondo in confronto agli uomini. Noah creato un personaggio spietato, determinato, manipolativo… ma anche una grandissima professionista. È un personaggio di grande importanza per il personaggio di Nicole (Johansson), la quale durante il film è molto volubile e cambia spesso la sua strategia per raggiungere l’obiettivo. Penso che abbia assolutamente ragione nelle sue decisioni, e penso che ci sia molta poesia in questa sceneggiatura, è stato un dono poterci lavorare.

Noah, uno dei grossi temi del film è la narrazione, lo storytelling… è come un Rashomon sul divorzio. Ma c’è anche il potere, e come il sistema legale finisce per parlare al posto nostro. Secondo lei quale modo hanno i personaggi per controbilanciare la manipolazione della narrazione da parte del potere?

Penso che all’inizio del film per loro sia uno shock, non si aspettavano che sarebbe andata così. Parte del loro viaggio è mantenere l’umanità e ritrovarla dopo tutto questo. In alcuni punti possiamo proprio vedere come venga tolta loro quest’umanità. Penso che questo aspetto, il concetto della divisione e del dover trovare un modo per comunicare, vada ben oltre il divorzio. Loro sono due persone che devono trovare dei compromessi per il bene di un bambino. È importantissimo che abbiano la loro felicità personale, ma è altrettanto importante che ne trovino una generale, un equilibrio precario tra le due. La protagonista aveva già intrapreso questo un percorso, e deve costringere anche lui a iniziarlo. Lei deve trovare la sua voce, e si ritrova in un sistema che glielo impedisce: mediatori, avvocati, parlano per loro, impediscono loro di avere la loro voce. E Charlie si ritrova per tutto il film a tenere il passo.

 

MARRIAGE STORY – LA CONFERENZA STAMPA A VENEZIA 76

Ecco anche il nostro resoconto della conferenza stampa che si è svolta stamattina:

 

 

 

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