Con Manhunt John Woo ha realizzato il suo primo film con delle killer donne e ne sembra molto eccitato. Anche perché una delle due è Angeles Woo, sua figlia.

Promosso come il remake dell’omonimo film giapponese degli anni ‘70 (un successo epico anche in Cina), in realtà è qualcosa di molto diverso e di molto simile, ovviamente, al cinema di John Woo.
Un cinese e un giapponese che devono superare il proprio odio reciproco per un bene più grande, l’amicizia e il rispetto, il male da combattere e i valori che sì stagliano titanici. Tutto condito di colombe e delle classiche scene da John Woo.

L’abbiamo incontrato a Venezia.

Non ha saputo rinunciare nemmeno questa volta alle colombe e alle citazioni dai suoi altri film. Cosa vede in queste scene ricorrenti che la spinge ad usarle così di frequente?

In realtà questa volta davvero non ce le volevo mettere le colombe, ma alla fine le ho messe perché erano troppo utili. Mi servivano quando i due personaggi si combattono per la prima volta, per lanciare il messaggio che possiamo tutti essere amici nonostante tutto. Loro si odiano e si stanno per sparare ma all’improvviso proprio una colomba passa tra di loro e di fatto gli salva la vita.
Poi è vero che c’è anche un inseguimento su moto d’acqua che richiama sia Face/Off che The Killer ma anche una scena d’azione in cui i protagonisti ammanettati possono usare entrambi solo una mano e una pistola, ma alla fine finiscono per sparare come un uomo solo con due pistole. Perché per me a questo servono questi stilemi, a sfruttare l’azione per costruire l’amicizia.

Cosa ne pensa delle nuove tecnologie del cinema come il 3D?

Non li amo anche se mi hanno costretto a farne uno, The Crossing. Il punto era che avevamo speso troppo con una scena di affondamento, e quindi per rientrare tutto è stato dimensionalizzato. Sembrava un videogioco alla fine e non un film. Non ne sono stato felice. I film sono dipinti, con il 3D diventano videogiochi. Non ne voglio fare altri“.

Come mai rifare un film giapponese?

Manhunt fu un grandissimo successo, anche in Cina! Ad ogni modo questo non è il remake del film giapponese, perché non abbiamo ottenuto i diritti, semmai è un altro adattamento dello stesso romanzo a da cui è tratto quello. Il che significa che gli eventi sono gli stessi ma le scene d’azione sono diverse. Del resto il romanzo è degli anni ‘60 e andava aggiornato tutto. Ad esempio il fatto che le due killer siano delle donne è un’idea che ho inserito io“.

Come è stato girare lontano dalla Cina e per la prima volta in Giappone?

Girare in Giappone è stato un sogno. Ammiro molto i vecchi film giapponesi e mi ha dato la possibilità di imparare molto su culture diverse. E visto che amo i film europei più di quelli americani ora mi piacerebbe girare qualcosa in Europa”.

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