Che Cedric Kahn avesse le migliori intenzioni è subito evidente. Da quando il suo protagonista arriva con un taglio in fronte, fatto chissà dove, chissà come, nel centro di recupero cristiano in mezzo ai monti (portato da chissà chi). La comunità è fatta da ragazzi come lui che sono passati attraverso un inferno e lì hanno trovato l’atmosfera per purificarsi. Il luogo, le montagne, il freddo, il lavoro con le mani, la fatica di giorno e i dolori terribili di notte per l’astinenza, il vomito e i tremori, tutto è messo in scena benissimo. C’è qualcosa che si agita dentro questo ragazzo poco più che ventenne, un male terribile mentre intorno a lui altri personaggi che non vediamo quasi mai in volto, in silenzio lo aiutano ricevendo solo insulti in ricambio.
Prayer, fin dal titolo, sarà un film di religiosità, lo sbocciare in un ragazzo di qualcosa di trascendentale e il contrasto di questo con le passioni terrene. Eppure in tutto un film pieno di eventi che non risparmia piccole svolte e ...
Prayer è cinema di fede che non riesce nè a metterla in discussione, nè a lavorare sulla presenza di qualcosa di superiore nel nostro mondo
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