La Cina è uno degli ultimi posti in cui è ancora possibile una grande epopea nazionale, il racconto in cui la vita dei singoli attraversa i mutamenti del proprio paese intrecciando vicissitudini personali e nazionali. So Long, My Son è questo, cinema classico al tempo stesso piccolo e gigante. Nello stesso anno di Ash Is Purest White di Jia Zhangke, anche Wang Xiaoshuai (regista della sua medesima generazione) affronta il periodo che va dagli anni ‘80 al tempo moderno: la fine del comunismo, l’arrivo dell’economia di mercato, la violenza del regime, la violenza dei tempi che cambiano sulle persone che rimangono sempre le stesse e restare uniti in tempi di tempesta.

Il faro, volontario o meno, sembra essere Vivere! di Zhang Yimou, perché al netto del fatto che stavolta non ci sono tradimenti e cambi di fronte indotti dalla Rivoluzione Culturale, quella di So Long, My Son è una storia melò straziante affrontata con una leggerezza rinfrescante. Wang Xiaoshuai, sembra preoccupato di annoia...