C’erano buone ragioni per aver paura di Lo and Behold. Anche il più religioso dei credenti nell’unica vera chiesa che valga la pena venerare, quella di Werner Herzog e del suo pragmatico materialismo poetico, poteva temere il confronto tra il cineasta avventuriero, massima espressione dell’analogico (“In celluloid we trust” dice con senso beffardo in Il diamante bianco, stringendo una piccola camera caricata a pellicola) e le contraddizioni della tecnologia moderna. Troppo facile cadere nella trappola luddista, troppo difficile dar conto di una realtà così lontana dal suo mondo e dalla sua poetica.

Invece forse siamo di fronte al film più divertente mai girato da Werner Herzog, di uno spirito scanzonato (mediato dal consueto rigore nell’indagine) che dà al film un andamento di fantastica resistenza al banale.

Il banale sono i soliti temi da fantascienza: il futuro che sta arrivando, i computer che dominano le nostre vite, le intelligenze artificiali più intelligenti degli uomini e tutt...