BLOODSHOT, DI DAVID SF WILSON: LA RECENSIONE

Certo, vedere un villain con gli occhi strabuzzati che fa il matto e il killer ed entra in scena cantando Psycho Killer dei Talking Heads è un punto veramente basso. Così tanto che per fortuna è troppo anche per Bloodshot e presto arriverà una spiegazione a quella sequenza iniziale che imposta le ragioni vendicative del protagonista (è un militare che in una vacanza con la moglie viene assalito dai suoi nemici, i quali uccidono lei e poi sparano a lui che tuttavia si risveglia in un laboratorio: l’esercito l’ha resuscitato e potenziato con la nanotecnologia) ricalcando la storia dell’omonimo personaggio dell’etichetta di fumetti Valiant.

Bloodshot (il film) è niente di più di un cinefumettone di serie B, copia tutto quel che deve copiare dai fratelli maggiori e di maggiore successo, si appoggia moltissimo sulla sua star e sulle abilità tecniche del regista (precedentemente supervisore di effetti digitali e regista di cut scenes) ma manca to...