C’è un po’ di Il Grinta nello spunto di Blade of the Immortal, perché c’è una bambina che chiede ad un guerriero che non conosce di vendicare la sua famiglia. Il guerriero in questione è sensibile alla materia perché è diventato immortale proprio difendendo una bambina i cui genitori aveva (erroneamente) ucciso egli stesso. L’immortalità è dunque per lui una maledizione perché avrebbe preferito morire, invece deve vivere e soffrire. Accetterà il compito e così inizia il suo calvario di sgherro in sgherro fino al grande villain. Una sorta di purificazione nelle lame e nel sangue.
Se la gode non poco Takashi Miike questa carneficina a tavolino, tratta dal manga ventennale L’Immortale di Hiroaki Samura, replicando la dimensione visiva di 13 Assassini e ampliando gli scontri in epica e assurdità.

Non ci sono però limiti per un cinema così rigoroso. Anche se Blade Of The Immortal soffre della consueta difficoltà del regista giapponese a chiudere le sue storie e tirarle al dunque, lo stesso ...