Senza dubbio è questo lo Spike Lee migliore. Non quello a ruota libera dei progetti piccoli e liberi come Bamboozled o Chi-raq, non quello su commissione di Miracolo a Sant’Anna o il remake di Old Boy, né quello che parla di consapevolezza nera e appropriazione bianca di Da Sweet Blood of Jesus, ma quello che pensa un film con l’obiettivo di incassare e ha sufficiente margine per poter mettere in scena la violenza che vede come conseguenza inevitabile della convivenza razziale (che in lui coincide sempre con quella culturale). Bianchi e neri (ma altre volte anche italiani, cinesi ed ebrei) che non possono non entrare in conflitto, che si odiano e si temono al tempo stesso, che non si capiscono mai.

BlacKkKlansman è una specie di strano omaggio alla blacksploitation che sembra la versione di Spike Lee di un film di Tarantino (lui che l’ha spesso criticato ora è come se gli volesse mostrare come si fa quel tipo di omaggio), cioè un’opera retrodatata agli anni ‘70 che rimette in scena alt...