Ci vogliono decine di minuti perché Capone entri nel vivo. Nonostante abbia una lunghezza non eccezionale (103 minuti), lo stesso ha una riluttanza ad entrare nel vivo irritante. Il suo fare melina a lungo sarebbe poi l’essenza stessa del film, ovvero rimestare nel labirinto di una mente anziana e non più in controllo del corpo, indugiare sullo spaesamento dell’uomo criminale potente per antonomasia. E questo è il suo peccato capitale: essere un film sperimentale negli abiti del più convenzionale dei film biografici.

Josh Trank non solo scrive e dirige ma monta anche, concedendosi di quando in quando stacchi a sorpresa, o passaggi velocissimi in cui si distingue una mano non proprio esperta, né realmente audace nello sperimentare. Eppure il problema principale è proprio il fatto che il montaggio non riesce mai a dare un ritmo a questo film senza eventi, tarato su standard estremamente convenzionali (una grande figura presa in vecchiaia, la demenza senile fatta di visioni e personaggi c...