C’è una ragione anche al di là del semplice typecasting (la tendenza a far interpretare ad un attore o attrice ruoli sempre simili tra di loro) se Keira Knightley interpreta un così alto numero di film in costume, possibilmente tra il ‘600 e l’800, in cui è chiusa in corsetti, agghindata in gonnelloni e adornata con cappelloni. Non è solo perché il suo volto e il suo corpo formano un’inusuale armonia con quello stile e quella moda che rendono tutto molto credibile ma perché il suo corpo e la sua recitazione ben si adattano alle storie che sono ambientate in quegli anni, più che altro melodrammi, genere fondato su una donna che subisce su di sé maltrattamenti, odio, ingiustizia e marginalizzazioni.

Colette ha un po’ di tutto questo in piccole dosi e, per la prima volta, mostra Keira Knightley sia subire che agire. Colette era una ghostwriter di romanzi di grandissimo successo che in realtà venivano firmati dal marito. Le storie del personaggio da lei inventato, Claudine, causarano una f...