Se si guarda a tutta la carriera di Antonio Albanese, dalla televisione fino al cinema, si nota facilmente come accanto alle esplosioni di comicità fisica (quella in cui davvero eccelle, in cui è rivoluzionario sul serio), alle stranezze che portano alla risata per vie impreviste e al gioco sui dialetti e la modifica delle parole, esiste una chiara passione per la malinconia. È qualcosa a cui sembra affezionatissimo e nel cui potere crede evidentemente moltissimo, per quanto non abbia mai trovato davvero come farla funzionare.

Nei suoi primi tre film da regista (Uomo d’acqua dolce, La fame e la sete, Il nostro matrimonio è in crisi) è presente a vari livelli d’intensità e dopo 16 anni in cui ha fatto solo l’attore, ritorna qui. Con la medesima inconcludenza.

Contromano ha una trama da thriller contemporaneo che poteva facilmente diventare un horror molto duro, violentissimo e nero come la pece. Un uomo razzista e xenofobo, un maniaco della precisione, incattivito contro gli extracomuni...