Fantasy Island, di Jeff Wadlow: la recensione

Quando andava in onda Fantasilandia, a fine anni ‘70 e inizio anni ‘80 (ben 7 stagioni) il mondo dei media era diverso. La televisione raccontava il benessere e vendeva il benessere. In America erano gli anni d’oro della pubblicità e se il cinema era il territorio della paura e del complotto, dei film audaci pieni di antieroi, la televisione invece viveva una sua prima stagione propulsiva in fatto di serialità ma raccontando il mondo semplice, dei buonissimi e cattivissimi, degli amori intramontabili e delle famiglie ideali.

La televisione era il territorio della ricerca della felicità e del potere del denaro. Fantasilandia era il suo avamposto più remoto. Ogni puntata tre storie, ogni storia aveva a che vedere con persone che pagavano per vedere soddisfatta una loro fantasia. Rivedere un figlio morto o un amante scomparso, avere una seconda occasione, essere potente… Non sempre le cose andavano bene ma c’era sempre una morale.

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