Dopo essere partita con una commedia come Febbre da Fieno, Laura Luchetti, otto anni dopo, sterza e ricomincia da un film a budget molto basso e un taglio molto autoriale (non a caso è passato al Toronto International Film Festival). Fiore Gemello è dotato di tutte altre aspirazioni rispetto al precedente, è un film con una protagonista che non vuole parlare a cui viene affiancato un ragazzo africano, migrante senza documenti, nel caldo asfissiante di una campagna violentata dal sole e attraversata da autostrade. Sono entrambi in fuga (non lo sanno ma dalla stessa persona) e la loro storia ci viene raccontata tra presente e flashback, in modo da conoscere prima come si conoscano, cioè la tenerezza, e solo poi il contesto brutale che li ha messi insieme e da cui inevitabilmente la storia si dovrà salvare.
È facile capire a cosa faccia riferimento la metafora del titolo, ed è una trovata tra il didascalico e l’esile (vedremo effettivamente un fiore gemello in mano alla protagonista nella...
Tarato su uno stile che non si può permettere, Fiore Gemello riesce però a rendere benissimo la particolarità del rapporto tra i protagonisti
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