Genitori Quasi Perfetti
di Laura Chiossone
29 agosto 2019
C’è ben poco di rassicurante sul prosieguo del film nella voce fuoricampo che apre Genitori Quasi Perfetti. È un acuto bambino a parlare, uno che si dimostra già dall’eloquio e dall’acume migliore dei propri genitori (un luogo comune della narrativa che dà vita ai ritratti più piatti e meno approfonditi), che con una completezza sconfortante ci dice a parole tutto quello che dobbiamo sapere. Del resto la parola è il segno di tutto questo film in cui i personaggi quando sono soli parlano a voce alta per dire al pubblico le decisioni che prenderebbero, in cui è con le parole che manifestano ciò che sono o mascherano.
La storia è di stampo teatrale, ne ha i tempi, ne ha i luoghi, ne ha i personaggi e anche le facili metafore (c’è una goccia che cade dal soffitto per tutto il tempo, una minaccia che sta lì pronta ad esplodere), del cinema invece non ha molto. Di certo non lo svolgimento nonostante di film come questo, scannamenti in un interno, ne siano stati fatti parecchi e ottimi.
<...L'ennesima reiterazione dello scannamento borghese in interno trova in Genitori Quasi Perfetti un lavoro poco approfondito sulle immagini e sugli attori
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