Ci sono diversi sentimenti che pervadono il corpo dello spettatore minimamente esigente durante la visione di I tre moschettieri.

Il primo è la rabbia. Arriva subito, quando i suddetti moschettieri vengono presentati a Venezia in tono iperbolico (uno emerge dall'acqua con una specie di muta meccanica, uno si butta dai palazzi come in Assassin's Creed e l'ultimo sfonda le catene con cui è imprigionato) e vengono impegnati in una sequenza in cui sfuggono a dei tranelli meccanici predisposti in una segreta progettata da Leonardo Da Vinci (!?!?) piegandosi all'indietro come in Matrix. La voglia di uscire dal cinema è fortissima.

La seconda è ilarità incredula. Arriva quando, subito dopo questa intro forsennata, l'azione si sposta in Guascogna e vediamo D'Artagnan prima duellare con il padre, poi andare a Parigi e sgominare con gli altri moschettieri una quarantina di guardie del cardinale Richelieu con un misto di scherma e arti m...