L'intento era quello di fare una favola e, come per tutti i film dal tono favolistico, realizzare un ritratto del paese utilizzando il disincanto infantile e bonario, un po' come l'affresco che la pittrice squattrinata e poco opportunista di Alba Rohrwacher realizza per l'avvocato spietato, trafficone e, lui sì, opportunista di Zingaretti: dentro c'è stato messo tutto a forza e l'insieme, altamente disomogeneo, non brilla nemmeno per stile.

Soldini sceglie di andare lontanissimo sia dai film che gli hanno regalato la notorietà, sia dall'ultimo esperimento più melodrammatico e molto riuscito di Cosa voglio di più, per girare una storia dai molti personaggi, con statue che parlano e considerazioni di ordine generale sulla razza italiana di sempre e di adesso. Inutile nascondersi, non è proprio il massimo fin dalle premesse.

Ma se lo spunto promette male il film, forse, è anche peggiore. Perchè quasi il f...