Il King Kong di Peter Jackson mi dà l’impressione di un film uscito dagli anni settanta. No, il remake di De Laurentiis non c’entra nulla. Mi riferisco al senso di onnipotenza che ogni minuto (187, per la cronaca) di questa pellicola emana. Sembra di vedere certi film di Francis Ford Coppola, Robert Altman, Michael Cimino o William Friedkin, dopoché questi registi avevano colto dei successi importanti. L’impressione è che in questo caso il regista sia totalmente libero di fare quello che vuole e abusi di questo potere. Che, insomma, manchi un produttore (figura fondamentale) capace di dire “basta” e di chiedere qualche sana sforbiciata in sala di montaggio.
La cosa straordinaria di Peter Jackson è che, a differenza dei suoi colleghi di trent’anni fa, crollati per troppa presunzione e per flop costosissimi, lui è stato in grado di fare una pellicola da oltre duecento milioni di dollari, ma che sicuramente ripagher&ag...