La dimensione del ricordo non può essere lineare. È fatta di oggetti, parole rivelatrici, motivetti musicali e piccoli particolari che, se rievocati, ci fanno rivivere gli attimi passati in modo tanto improvviso quanto brutale. Questa è la chiave di Lacci, questo è lo sguardo di Daniele Luchetti, che dopo Momenti di trascurabile felicità (anch’esso co-scritto con Francesco Piccolo) continua a ragionare brillantemente sull’importanza della prospettiva, sul significato dei punti di vista. E, come nel bellissimo La scuola, questo nuovo adattamento da un romanzo di Domenico Starnone è un elogio alla dignità dei dolori di una vita comune.

Se nell’ultimo film la ricerca di una nuova prospettiva era compiuta da un uomo che ritornava paradossalmente indietro dalla morte, rivalutando in seguito tutta la sua esistenza, qui lo sguardo indagatore è molteplice (e totalmente melodrammatico). È quello prima di Vanda (Alba Rohrwacher), poi di Aldo (Luigi Lo Cascio), e poi dei loro figli, coinvolti per...