Fai il pieno di avvocati stronzo!” dice Eduardo Saverin a Mark Zuckerberg nel confronto più duro di The Social Network e lo dice anche Giorgio Rosa a Franco Restivo, ministro dell’interno del secondo governo Leone nell’estate del 1968, in L’incredibile storia dell’isola delle rose.

Il quarto film di Sydney Sibilia (ma il secondo se si vuole considerare la trilogia di Smetto quando voglio come un corpo unico) è una storia italiana che abbiamo sentito molte volte, fino allo sfinimento, in un trionfo molto ideologico, molto politico e poco umano, poco viscerale, per nulla sentito. È quella del ‘68, raccontata stavolta con le tecniche del cinema americano. E, in questa forma, trova un senso nuovo, sentimentale e personale. Non la voglia di libertà di un popolo o una categoria ma la voglia di libertà contaminata di interessi, sentimento e voglia di realizzazione, di una persona sola in un momento cruciale.