C’è una tecnica a fare da spunto a Loving Vincent: la possibilità di girare in rotoscoping la storia di un pittore, ricalcando ogni fotogramma con dei dipinti olio su tela nello stile di Van Gogh fino a creare un’animazione fluida eppure mossa al tempo stesso. Il mondo del pittore ritratto con il tratto del pittore stesso.
Per questo motivo stupisce molto che in un film concepito a partire da un’idea visiva, ci sia anche una narrazione interessante, per quanto pretestuosa. Partendo dall’assunto che le circostanze della morte di Van Gogh non sono chiarissime (ma nemmeno eccessivamente misteriose), il film utilizza un’indagine come scusa per girare nel suo mondo, e lo fa attraverso la figura di un ragazzo che si appassiona a cosa abbia portato alla morte del pittore.

Evidentemente Loving Vincent (il titolo gioca sul doppio senso dell’amore per il pittore e della chiusa delle lettere che spediva al fratello Theo) è un film che gioca di sponda con i dipinti, con gli ambienti e i personaggi...