L’UOMO INVISIBILE, LA RECENSIONE

Ci voleva la Blumhouse per imprimere tutta un’altra spinta allo sforzo fino ad ora poco efficace della Universal di creare valore intorno ai suoi mostri classici, cioè L’Uomo Lupo, Dracula, La Mummia e L’uomo invisibile. Dopo numerosi tentativi almeno negli ultimi 15 anni di rimettere in circolo quelle storie in forma moderna che hanno portato modesti risultati sia in termini spettacolari che di incasso (figuriamoci strettamente cinematografici!), la “cura Blum”, cioè meno soldi, meno luci, meno esibizione e una concentrazione maniacale su un high concept (un presupposto che in sé contiene un’idea di svolgimento), compie il miracolo.

L’uomo invisibile di Leigh Whannell ribalta completamente il punto di vista e da un classico dell’orrore crea un film di tensione molto moderno, da una storia di un uomo invisibile ne crea una di una donna tormentata da qualcosa che non vede ma che agisce sulla sua psiche lo stesso.

L’operazione è sia filologic...