Non c’è niente di peggio di un film timoroso, e Men in Black: International lo è. È timoroso di non essere all’altezza dell’originale (e ha buone ragioni a esserlo), è timoroso di non essere sufficientemente corretto, è timoroso di non far ridere a sufficienza e di non essere esotico come altri blockbuster. Quindi l’avventura nella sede londinese dei Men In Black segue pedissequamente il manuale di questo tipo di film (inclusa la scoperta di chi sia il cattivo, come e perché), non ha voglia di essere originale, si sposta pretestuosamente in diverse location (quasi le stesse di Aquaman) e alla fine finisce dove era iniziato senza quasi nessuna evoluzione per i personaggi, facendo cioè il minimo lavoro su di loro.

Tutto questo sarebbe passabile se almeno Men in Black: International vivesse il suo momento, se almeno godesse e facesse godere delle sue singole scene. Ma non è così.

Quella strana forma di umorismo non convenzionale nella scoperta di un sottobosco alieno e metropolitano nella...