Dopo aver passato un’ora e mezza con un persona così fastidiosa che già 10 minuti sarebbero troppi, l’arrivo dei titoli di coda di Momenti di Trascurabile Felicità sembra quasi una liberazione.

Autoindulgente ma senza il fascino della faccia da schiaffi, dell’antieroe, del bastardo carismatico o dell’anticonformista, Paolo è un uomo remissivo che vive con mollezza i propri difetti, eppure il film lo guarda con tenerezza e simpatia. Quando all’inizio, con l’aria lenta e l’espressione fissa di Pif, afferma di passare sempre con il rosso in un certo incrocio perché tanto lo sa che quello è l’attimo giusto e un camion lo investe in pieno siamo già contenti, anche se lo conosciamo da meno di 5 minuti. Morto, finisce in paradiso, dove finirà di rivelarsi ai nostri occhi come l’uomo medio nell’accezione peggiore.

In paradiso salterà fuori un problema burocratico (la parte più divertente, grottesca e ironica del film, l’unica davvero riuscita) per il quale avrà diritto a tornare sulla Terra ma...