In Napoli Velata c’è un problema: ci sono due film che si dividono l’attenzione del pubblico e si affossano a vicenda. C’è uno psico-thriller erotico depalmiano a cui è stata sottratta tutta la suspense e il tecnicismo, oltre al lavoro sul corpo (quindi lasciando solo le suggestioni psicologiche), e c’è un’esplorazione della Napoli magica. Quando uno di questi due film comincia a guadagnare un po’ di mordente, arriva l’altro a prendere il suo posto e viceversa fino alla fine. Il risultato è un ritmo compassato da passeggiata serale fatta guardando le stelle, una vera maledizione che distrugge l’andamento narrativo.

Nel voler raccontare prima di tutto Napoli, Ozpetek non commette lo stesso errore di Rosso Istanbul (in cui la città praticamente non c’era) e la esplora in tutti i versi e sensi, con la scusa dell’esoterismo tribale. Ci sono i trans magici, i bassifondi con le veggenti, le grandi terrazze, le zone panoramiche, i monumenti, le opere d’arte e il centro, tutto a carattere magi...