Non c'è più Religione
di Luca Miniero
7 dicembre 2016
C’è qualcosa che non torna in Non C’è Più Religione. Nel racconto, che guarda negli occhi Benvenuti al Sud per personaggi, attori e rapporto con il territorio, e che mette un sindaco di un’isola delle Tremiti, eletto per portare armonia tra la comunità arabo-musulmana e quella italo-cristiana, all’opera per un grandissimo presepe da farsi necessariamente con un bambinello arabo (gli italiani in loco non fanno più figli ormai da decenni), mancano proprio dei pezzi.
La sottotrama tra Alessandro Gassman, italiano convertitosi all’Islam e leader della comunità locale e sua madre (napoletanissima e ritiratasi a Mondragone dopo aver scoperto che il figlio non mangia più maiale), sempre essere stata rimontata a posteriori, come se prima dovesse essere diversa. Le loro conversazioni al telefono sono doppiate e gli stacchi su di lei che prepara le scatole piene di salumi appaiono sconclusionati rispetto al resto.
Ma anche la storia tra i tre protagonisti (oltre al sindaco, Bisio, al ne...
Sfilacciato e sconnesso, Non C'è Più Religione appare come un film a cui troppi hanno messo mano fino a che nemmeno i contributi illustri si distinguono più
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