Qualcuno alla Dimension Film ha visto del potenziale dietro Polaroid, il cortometraggio del 2015 girato e scritto da Lars Klevberg, e 4 anni dopo arriva Polaroid (il lungometraggio), allungato e dotato di una storia completa il cui responsabile è Blair Butler. L’idea, sembra di capire, è di creare un horror il più possibile convenzionale, materializzare il sogno dei protagonisti di Scream e ottemperare ad ognuna delle mille piccole regole non scritte del cinema slasher fondendolo con l’horror sovrannaturale fino ad un finale completamente insensato. Il tutto condito da aspirazioni molto al di là delle potenzialità del film in termini di effetti visivi.

Il presupposto è abbastanza ridicolo: c’è una macchinetta polaroid che scatta foto maledette, chi è ritratto viene ucciso da un demone che annuncia la sua presenza nelle stesse foto nella forma di un’ombra. È ridicolo tanto quanto lo era il presupposto del film che ha fondato questo filone tecnologico/maligno, cioè The Ring, ma ...