Un giorno dovremo fare un’analisi seria, ponderata, coerente e molto ben argomentata su come mai il cinema italiano, specie la commedia, abbia questa tendenza malsana verso una tenerezza da quattro soldi. Quella delle dolci voci flautate fuori campo, della grande sensibilità interiore, dei carrelli lenti, dei bimbi che colorano e dei grembiuli con il fiocco grande. Un’estetica da pubblicità che, a tutti gli effetti, tenta di vendere un sentimento invece di scatenarlo, tenta di convincere lo spettatore a provarlo invece di suscitarlo di nascosto. Ed è davvero un peccato, perché anche stavolta la tenerezza ostentata e fuori luogo, così povera e alla buona, rovina un film che avrebbe ben più di un elemento di interesse.

Edoardo Falcone, al secondo film, dimostra di essere molto diverso dagli altri autori di commedie. Ha un’idea di umorismo che non esce dalle singole gag, che non dipende dalle frasi ad effetto o dalle battute, ma è frutto di un lavoro molto acuto sulla recitazione, qui anc...