Remi
di Antoine Blossier
7 febbraio 2019
Da Belle e Sebastien in poi il cinema franco-tedesco-svizzero sta sfruttando più che può le storie di montagna e animali, storie tradizionali possibilmente rilanciate negli anni ‘80 dall’animazione giapponese. Così dopo la storia di Belle (un successo tale da giustificare un sequel) è arrivata Heidi e ora Remi (in mezzo anche Abel – Il Figlio Del Vento), tutte o quasi capaci di accoppiare noti attori nel ruolo di nonni/mentori e bambini esordienti nelle parti protagoniste (Bruno Ganz per Heidi, Jean Reno per Abel). Tocca a Daniel Auteuil stavolta il ruolo del violinista che aiuta l’orfanello Remi a trovare la sua voce (letteralmente) e a ricongiungersi con i genitori perduti (senza dimenticare cane e scimmietta al seguito) ma per il resto lo schema è sempre quello.
Montagne, animali, bambini e nonni, il format è chiarissimo e ha successo oggi come 30 anni fa in animazione, come più di cento anni fa su pagina scritta (il romanzo Senza famiglia di Hector Malot del 1878). Rispetto a...
Ultimo del filone del cinema di montagne e romanzi diventati anime, Remi risponde allo schema classico ma introduce una cura maggiore
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