Takashi Miike, insieme ai più anziani Johnny to e John Woo, è uno dei tanti registi asiatici d'azione che negli ultimi dieci anni sono passati dall'essere autori di culto e di nicchia a concorrenti abituali nei più importanti Festival internazionali. Solo due anni fa il giapponese Miike era in Concorso alla Mostra del cinema di Venezia con il meraviglioso 13 assassini (uno dei grandi esclusi dal palmarès), mentre l'anno scorso concorreva alla Palma d'Oro a Cannes con Hara-Kiri – Death of a Samurai.

Logico che molti (soprattutto Marco Müller) si aspettassero da lui una partenza del Concorso della VII edizione del Festival di Roma coi fiocchi. Così non è stato. In parte. Adattando il best-seller giapponese Aku no kyôten del popolare scrittore Yûsuke Kishi, Miike realizza un'opera affascinante ma discontinua e dal finale debole.

Siamo nel corpo, più che nella mente, di un assassino seriale di bell...