C’è tutto il cinema italiano di una volta concentrato in Una Questione Privata, sia quello migliore ed eterno che quello necessariamente superato, non immortale ma solo vecchio.
C’è quella teatralità che affligge moltissimo i nostri film più pretenziosi, ci sono i personaggi che escono ed entrano in scena annunciando da dove vengono o dove andranno, ci sono i contadini dal buon eloquio che parlano un italiano corretto e dicono (testuali parole): “Gli studenti sono tutti un po’ tocchi; noi contadini siamo più centrati” e ci sono anche alcuni vecchi zoom a schiaffo, residuati dagli anni ‘70. Ma c’è anche quel modo di raccontare tipico del miglior cinema italiano, quello che attraverso un pretesto molto semplice spingeva un personaggio attraverso un paesaggio. L’obiettivo della storia sarà alla fine futile ma il viaggio e l’umanità con cui entrerà in contatto costituiranno l’essenza del film, la sinossi del nostro cinema migliore tra il 1942 e il 1965.

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