La Diseducazione di Cameron Post
di Desiree Akhavan
31 ottobre 2018
È raro poter dire di un film che lo stile scelto per raccontare una certa storia è probabilmente il peggiore possibile, capita con La Diseducazione di Cameron Post, storia di una ragazza degli anni ‘90 che viene spedita dai genitori in un centro di “riabilitazione” dall’omosessualità. È un’adolescente che al ballo della scuola viene beccata in auto con un’amica a baciarsi e subito viene mandata in una sorta di scuola privata isolata in cui, assieme ad altri come lei, è “riprogrammata” goffamente tramite pratiche mai violente ma sottilmente invasive.
Lo stile è quello del cinema indie americano, lo stile Sundance, con la sua patina dolceamara e il suo posizionamento sempre correttissimo, dalla parte indiscutibile della barricata, sempre inattaccabile, sempre garbato, sempre carino, buono per ogni salotto, mai disturbante. Ed è questo che non va.
Raccontare così una storia di pulsioni soffocate, di individualità tarpata e di sessualità repressa è non solo inefficace, ma fastidioso. Su tu...
Tutto quello che di devastante dovrebbe essere raccontato in La Diseducazione di Cameron Post è annullato dallo stile garbato da cinema indie americano
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