Sembra che questa volta Barry Jenkins abbia mirato alla prossimità e all’intimità che Xavier Dolan aveva creato in È Solo la Fine del Mondo, quella dolce alcova fatta di primi piani e una fotografia che oscilla tra il nero e i colori caldissimi. Così ha confezionato un film che trasforma una storia perfetta per il cinema di indignazione civile in una questione personale fino a che la violazione dei diritti non diventa una violazione d’intimità. Tutto viene dal romanzo omonimo di James Baldwin, ma questo che avviene al cinema è un passaggio determinante per trovare una forma nuova ad un cinema che non ha esaurito la propria funzione ma di certo, e da tempo, ha esaurito efficacia e necessita di rinverdire la forma del proprio linguaggio.

Il film vero in realtà parte un po’ dopo il vero inizio, parte all’annuncio della gravidanza, quando una storia d’amore tra due amici d’infanzia slitta in un grande vincolo suggellato come in un melò degli anni ‘50 dall’amplesso in una baracca.
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