Con pochissime sequenze all’inizio e giocate molto male, in maniera fasulla, ad un ritmo che non è quello del vero sport e con una meccanicità che fa intuire immediatamente l’artificio, la pallacanestro vera è confinata solo in quella scena, il resto del film sarà invece una parabola da catechesi sull’uso dei talenti e sulla conversione ai veri valori della misericordia.
Basterebbe anche solo la maniera in cui è delineato il protagonista all’inizio, con un egoismo e una superbia così artefatte da far intuire immediatamente che sono lì a suggerire il contrario, non a cercare di far partecipare il pubblico ad una condizione umana ma a stabilire che siamo tutti daccordo nel condannarla, prima di passare alla corposa parte di conversione tramite la scoperta della malattia....
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