In macchina due adulti parlano di argomenti così noiosi e “da adulti” che la bambina seduta dietro, lentamente cullata dal movimento dell’auto e dal paesaggio nordico che sfila davanti a lei, si addormenta. Quello che sogna sono due personaggi strani (uno con una tutina rossa, l’altro mezzo robot) che trovano in un bosco sul lago un orsetto di peluche con un taglio sulla pancia da cui esce l’imbottitura. Tenteranno di ripararlo e poi si rassegneranno alla sua fine. Niente di più e niente di meno, questo è I racconti dell’orso, un viaggio nel sogno di una bambina condotto cercando di concedere pochissimo alla normalizzazione onirica del cinema. Non c’è insomma la volontà di rendere il sogno comprensibile e narrativo come si fa solitamente ma, fermo restando un impianto visivo molto più leggibile di quello dei veri sogni, si cerca di assecondarne l’assurda giustapposizione di sensazioni e immagini.

Ci sono villaggi vuoti, laghi, boschi, tramonti e tantissimo di naturale in paesaggi lonta...