In Lo scambio l’elemento più evidente è come voglia trattare i temi del cinema criminale rifiutando l’estetica contemporanea. La televisione prima e poi il cinema hanno formato un nuovo stile per il cinema di mafia, quello di Romanzo Criminale e Gomorra che lentamente ha cominciato ad allargarsi a tutti i film malavitosi. Sì tratta di un uso diverso sia della lingua che della fotografia, una predilezione per l’uso degli ambienti e per l’estetizzazione fortissima delle scene a fronte di un realismo concreto della recitazione e dell’azione. Lo Scambio invece sceglie uno stile pasasto, in linea con la sua ambientazione anni ‘90.
La storia è quella di un commissario di polizia e della sua giornata tra casa (la moglie), il lavoro (c’è un testimone da interrogare), i colleghi e un bambino sequestrato. Tra questi diversi pali sono sballottati i protagonisti con sempre meno passività e sempre più coscienza (da parte dello spettatore) del ruolo che hanno nella storia. I fatti sono ispirati alla...
Fermamente intenzionato a rifiutare l'estetica da cinema criminale italiano contemporanea, Lo Scambio sembra trovare un'alternativa molto meno convincente
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