Può un attore solo creare un centro gravitazionale attorno a sè così forte che tutti gli altri gli girano furiosamente intorno, riuscendo così a dare senso e movimento ad un film praticamente da solo? È quello che fa Mark Ruffalo in Tutto può cambiare.
Con una sceneggiatura di provato funzionamento che non gira lontano dal suo precedente Once, John Carney interpreta il più classico degli uomini derelitti dalla vita, pronto a prendere per le corna la sua seconda occasione che gli arriva sotto forma di una cantate/autrice musicale di cui nessuno sospetta il talento, cresciuta all’ombra del fidanzato ormai artista affermato che l’ha mollata. Una sua performance risveglia il demone del vecchio discografico appassito, riattizza il fuoco per la musica e la voglia di fare qualcosa.

Non ci fosse stato Ruffalo con il suo fare arruffato, casinista, esaltato e solo a tratti malinconico Tutto può cambiare avrebbe avuto decisamente un altro peso specifico, avrebbe potuto aspirare al mas...